Resta chiusa la cassaforte del governo
ROMA – Per ora niente. Concentrati sulla riforma del mercato del lavoro, con un occhio sempre rivolto allo spread e alla tenuta dei conti pubblici, i tecnici al governo non hanno intenzione di vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Non è prevista, al momento, nessuna riduzione di tasse. Nonostante il risultato portato a casa dall’Agenzia delle Entrate di Attilio Befera che lo scorso anno ha incassato dalla lotta all’evasione fiscale 12,7 miliardi sonanti (che sono già incorporati nei conti del 2011). E nonostante la possibilità – confermata dallo stesso Befera ieri – che quest’anno il gruzzolo della lotta all’evasione sia più rilevante.
Al massimo, si dice, si possono predisporre i meccanismi tecnici per una eventuale restituzione fiscale a favore dei redditi bassi e delle famiglie: il contenitore, cioè il celebre fondo, sta già nell’articolo 5 della legge delega sulla riforma fiscale. Niente di più. E del resto già oggi la legge prevede che le risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale debbano essere tradotte in sgravi.
Perché si cominci a valutare l’ipotesi di una riduzione delle tasse bisognerà attendere il bimestre maggio-giugno. Allora si saprà dall’autotassazione se l’effetto blitz anti-evasione ha incoraggiato gli italiani a versare di più e il 16 giugno si potrà anche valutare l’effettivo gettito della reintroduzione dell’Imu sulla prima casa e dell’aumento delle rendite catastali che il governo ha cifrato in 11 miliardi.
Per il resto sui conti pubblici la guardia resta alta. La recessione che sta colpendo l’Italia quest’anno è più pesante di quanto cifrato alla fine dello scorso anno dal governo: i documenti parlano di una caduta dello 0,4 ma in realtà , come indica la Commissione europea, la contrazione del Pil potrà raggiungere l’1,3 per cento. Significa che il gettito sarà minore del previsto e il deficit aumenterà di 7-8 miliardi. Per raggiungere dunque l’1,6 per cento del rapporto deficit-Pil fissato dalla “Nota” del 7 dicembre scorso bisognerà trovare altre risorse. Verranno dalla spesa per interessi che era stata cifrata per prudenza, considerando tassi al 7 per cento e uno spread che allora veleggiava ben oltre quota 500, ad oltre 94 miliardi. Oggi la situazione, con differenziali con i Bund assai più bassi anche se sempre imprevedibili, è migliore e si potrà contare su un risparmio di 7-8 miliardi che andranno esattamente a colmare quanto richiesto dalla minore crescita.
Un breve giro d’orizzonte sugli altri fronti aperti per recuperare risorse non dà maggiore conforto. La spending review, che il ministro Giarda sta portato avanti a ritmo serrato, potrà fornire risorse ma non subito. Mentre il disboscamento delle 700 agevolazioni fiscali, anche questo affidato alla delega, potrebbe essere utilizzato a breve (si parla di un miliardo) per far fronte alle spese per i nuovi ammortizzatori sociali. Mentre la lista d’attesa è lunga: a cominciare dal temuto aumento dell’Iva di ottobre.
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