Sugli Ogm troppi interessi La ricerca garantisca la sicurezza

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Un’inesattezza che la Coldiretti ha rettificato con prontezza per evitare il rischio che i consumi dei prodotti tipici citati andassero a picco!
Il giorno dopo il professor Veronesi ha affermato su un altro quotidiano nazionale che «le moderne biotecnologie sono la naturale evoluzione del progresso avviato dagli agronomi nel secolo scorso con la rivoluzione verde per risolvere il problema del cibo e dell’acqua nel mondo». Per la verità  la rivoluzione verde non è stata, come lasciano intuire queste parole, un grande successo: il numero degli affamati è sceso sì a 870 milioni nel periodo iniziale, ma poi è risalito ad oltre un miliardo e cento milioni. Essa ha inoltre portato a un aumento dei costi insostenibile fin dall’inizio in Africa e all’irrimediabile perdita di varietà  utilizzate localmente da secoli come fonte di cibo. Lo stesso professor Veronesi ha anche detto che «le piante biotech, essendo più resistenti alle malattie, porteranno anche alla diminuzione dell’uso dei pesticidi; con enormi vantaggi ambientali ed economici, perché per gli agricoltori il costo di protezione dei raccolti sarà  molto inferiore». Io non sarei tanto ottimista perché con le modificazioni genetiche le piante agrarie possono essere dotate di resistenza soltanto a qualche agente patogeno. Devono quindi essere trattate come le piante normali con pesticidi per combattere gli altri patogeni cui non sono resistenti. Riguardo poi al risparmio evocato per gli agricoltori, la situazione attuale è che i semi transgenici sono cari perché gravati dalle royalty imposte dalle multinazionali.
Sempre per sostenere a spada tratta la causa degli Ogm Veronesi dice anche che «oggi l’insulina è prodotta con un batterio, l’Escherichia coli, in cui è stato inserito il gene che produce l’insulina nell’uomo». Basta il buon senso per capire che utilizzare una sostanza (l’insulina) prodotta da un batterio transgenico, e per di più accuratamente purificata, è cosa del tutto diversa dal consumare tali e quali, come alimenti, piante transgeniche o loro parti. Inoltre, mentre i batteri transgenici vengono mantenuti nei fermentatori chiusi delle aziende farmaceutiche, per le piante transgeniche esiste il rischio concreto che si possano diffondere nell’ambiente attraverso i pollini e i semi trasportati dal vento, dagli insetti, dall’acqua e dagli animali. E poi basta che un agricoltore con qualche seme transgenico infilatosi nei risvolti dei suoi pantaloni se ne vada in aereo all’altro capo del mondo e si rende responsabile inconsapevolmente della contaminazione di un campo a migliaia di km!
Ancora, due genetisti di chiara fama, i professori Boncinelli e Buiatti, non concordano sulla possibile nocività  degli alimenti da piante transgeniche. Il primo ha sostenuto pochi giorni fa sulle pagine di questo giornale che «in teoria non c’è alcuna possibilità  che nuocciano», mentre il secondo è dell’avviso che «l’alto grado di imprevedibilità  derivante dal trasferimento di geni tra organismi anche molto diversi l’uno dall’altro, richiede una particolare attenzione». Concordo con il secondo perché la complessità  delle interazioni tra i geni è tale che non è possibile oggi prevedere tutti gli effetti che l’introduzione di geni estranei nel genoma di una pianta può determinare a livello della qualità  dei prodotti. 
In questi giorni è stato anche affermato che le piante transgeniche possono contribuire a migliorare la qualità  e la tipicità  dei prodotti. Vorrei chiarire questo aspetto che mi sta molto a cuore. La qualità  che interessa i consumatori dipende da tante caratteristiche, contenuto in nutrienti, sapore e aromi, pool equilibrato di sostanze salutari, il livello più basso possibile di residui di pesticidi. Le piante transgeniche sono forse in grado di migliorare qualcuna di queste caratteristiche ma non la qualità  nel suo insieme. 
Come ho già  affermato sulle pagine di questo giornale, non sono contrario alla ricerca sugli Ogm, ma a condizione che sia condotta in modo da garantire assoluta sicurezza, sia davvero indispensabile per l’avanzamento delle nostre conoscenze e sia svincolata da interessi di bottega. Non credo invece che, introducendo oggi in agricoltura le piante transgeniche disponibili si riescano a curare i tanti mali di cui soffre l’agricoltura. Forse si curerebbe qualche sintomo ma non si rimuoverebbero le vere cause, in primo luogo le cattive pratiche agronomiche che privano i terreni della loro fertilità  naturale e creano forti squilibri nell’ecosistema agrario.

*Docente di Alimenti e salute del consumatore all’Università  di Padova


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