Dopo gli “indignados” torna aria d’antico l’ex sindaco anti-partiti tenta di fermare il Pd

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PARMA – C’era una rivolta a Parma. Ma non c’è più. Piazza Garibaldi, ricordate?, l’estate scorsa sembrava piazza Tahrir, quasi tutte le sere per tre mesi si affollò di gente che gridava «andatevene» a una giunta comunale assediata dalle inchieste giudiziarie, costretta a riunirsi in segreto in un albergo, infine cacciata a colpi d i c u c c h i a i sulle pentole, bare di cartone e urla indignadas, lasciando 600 milioni di debiti in cassa e una festa dell’etica e del rinnovamento in piazza.

E adesso? Dopo due commissari, si vota per sostituire quella giunta disastrosa, e chi spunta in tre liste diverse sulla scheda? Il vicesindaco di quella giunta. Un assessore di quella giunta. L’ex padrino politico di quella giunta, a sua volta ex sindaco per due mandati. Questo per il rinnovamento. Quanto all’etica, la scena da grottesca si fa tragica: un consigliere provinciale della Lega si è buttato dalla finestra per la vergogna di avere autenticato firme false a favore di «un amico».

Il procuratore ha scoperto poi che di doppioni in tutte le liste, «nessuna esclusa», ce ne sono un mucchio.

Ci siamo persi qualcosa? È la stessa città  delle pentole indignate? «Sì, ma anche la politica è sempre la stessa», ride Cristina Quintavalla, professoressa, lei «la politica» a Parma è da quarant’anni anni che la sfida, cominciò nel ’75 contro gli scandali edilizi, con le «lenzuolate» che fecero tremare il Pci.

Era anche lei lì, a scollare dalla sedia il sindaco Vignali, detto Vignavil, dopo l’arresto di un suo assessore e le dimissioni di un’altra mezza dozzina, ma senza illusioni, «gli interessi vincono sempre, quel che conta è che resti viva l’opposizione». Parma, città  di rivolte coraggiose e poteri saldi, città  dove «non cambia mai niente» anche se è il capoluogo emiliano passato di mano più volte, in ogni assetto, dai monocolori Pci ai pentapartiti, per finire, nel ’98, col boom di una lista civica, “Civiltà  parmigiana” di Elvio Ubaldi, ex dc di sinistra, da 35 anni in politica e nessuna intenzione di lasciarla. «Ritorno al futuro» è lo slogan quasi beffardo della sua inopinata rentrée in dispetto al Pd. «Stavamo trattando, poi hanno imposto il candidato…». Ci riprova ancora, Ubaldi? «Rinnovare non è sempre un valore, se il nuovo è Vignali…», sancisce al tavolino di un caffé. Ma se Vignali lo impose lei come successore… «Un errore.

Ma l’ho mollato quattro anni fa, prima delle pentole».

Ancora lui, allora, il sindaco che ha costruito un ponte ogni mandato («Dove farà  il terzo?» gira la battuta). E il bello è che i pronostici lo danno al ballottaggio.

Tutti spiazzati, per primi quelli del Pd, che avevano intravisto la grande occasione di riprendersi la petite capitale dopo quindici anni. Ora ti confessano: «Questa è una città  che non vuole cambiare». Un agghiacciante sondaggio lo scorso autunno rivelò che Vignali aveva ancora il 56% dei consensi anche dopo la defenestrazione a furor di popolo. Per non sbagliare, il Pd ha cercato un candidato rassicurantee continuista, Vincenzo Bernazzoli, favorito secondo tutti i pronostici, ex sindacalista, da presidente della ProFOTO:VASINI vincia tuttora in carica ha coabitato benone con il comune di centrodestra, «correttezza istituzionale», mai un braccio di ferro, anzi qualche joint venture come l’urbanizzazione dell’area Parmacotto, lo apostrofano «uomo dei poteri forti», lui nega ma potrebbe fargli gioco, perché il vecchio potere forte di Parma, l’Unione industriali con la sua Gazzetta, che aveva incoronato Vignali, stavolta sta alla finestra a vedere chi vince, Bernazzoli o Ubaldi. Del resto alternative non ce n’è.

La Lega non ha mai sfondato a Parma, e adesso è sfondata dalle note vicende nazionali. Il Pdl rischia una sola cifra percentuale, ha candidato in modo quasi suicida il vicesindaco di Vignali, Paolo Buzzi, che in Consiglio giurava «non toglieremo mai il disturbo», infatti rieccolo, «a testa alta», ma il comizio col segretario Alfano, ieri, è andato a farlo dentro il dehors di un caffé, per cento persone.

E il popolo delle pentole? In ordine sparso. Il comitato «La piazza», che gestiva la protesta, si è disperso. Una lista, Parma Bene Comune di Roberta Roberti, raccoglie solo una parte dei pentolari, in società  col Prc e in concorrenza con un’altra lista comunista. Sono i grillini a sperare di fare il pieno di voti indignati, il loro Federico Pizzarotti senza scaramanzie dice che «possiamo andare al ballottaggio, con dieci candidati sindaco la soglia è bassa».

Andrea Bui, uno dei portavoce della protesta di sette mesi fa, è contento di non abitare a Parma, non deve scegliere e non ci crede neppure, «non è il voto il metro di misura. Quando la nuova giunta, quale che sia, tenterà  la prima porcheria urbanistica, torneremo sotto il municipio e se saremo più di vorrà  dire che abbiamo lasciato il segno». Un pennello ignoto intanto ha rinfrescato sull’argine l’antica scritta della rivolta antisquadrista del ’22, in dialetto dice: «Balbo hai attraversato l’Atlantico ma non la Parma». Qui le rivolte hanno una pazienza zen, aspettano il cadavere del nemico sulla riva del torrente.


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