«A casa se non passa il ddl»

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«Finora – ha detto – abbiamo ricevuto critiche per “troppa incisività ” o “troppo poca incisività “, ma su una cosa siamo decisi: andremo in Parlamento e se la riforma non dovesse passare andremo a casa». Più chiaro di così. Ma la giornata è stata scandita anche da uno scontro con la Confindustria. La ministra del Welfare ha infatti affermato che «gli esodati li creano le imprese che mandano fuori i dipendenti a carico della collettività ». La presidente Emma Marcegaglia ha diffuso una nota, in cui ha spiegato che queste parole «creano sorpresa e sgomento». «Queste parole danno una rappresentazione del mondo delle imprese che non solo non trova riscontro nella realtà , ma è anche offensiva – recita il comunicato – Le imprese quando riducono il personale lo fanno solo per necessità ». Marcegaglia prcede con parole molto nette: «Se in un periodo di profonda crisi si cambiano le regole “in corsa” – spiega – è responsabilità  di chi decide di cambiare le regole, prevederne le conseguenze. Se non lo si fa, non si può imputare alle imprese alcuna colpa». Per Confindustria, «non si possono mettere in discussione gli accordi che, nel pieno rispetto delle leggi, imprese e sindacati hanno stipulato per attenuare gli impatti sociali derivanti dalla crisi. L’aver limitato l’applicazione del precedente regime previdenziale solo ad alcuni soggetti, senza darsi pensiero di tutti i lavoratori coinvolti nelle procedure di mobilità , è stata una scelta del legislatore, non certo delle imprese. Ora si tratta di trovare le risorse economiche per affrontare la questione e mettere la parola fine a quel balletto di numeri cui assistiamo in questi giorni. Con estrema chiarezza si deve dire che non si tratta di una concessione rispetto alle legittime sollecitazioni che giungono da lavoratori, organizzazioni sindacali e imprese, bensì di un atto dovuto». Ma l’esecutivo non ha gradito neanche gli attacchi venuti dalla piazza degli «esodati», polemicissimi verso il ministero del Lavoro, accusato di diminuire il numero delle persone che hanno perso il lavoro in modo da risparmiare sulle tutele. «Sugli esodati – ha spiegato ieri Fornero – abbiamo sentito molte cifre, che peraltro non sono state date ufficialmente da noi. Il ministero le ha date ieri a seguito di un lavoro tecnico che è abbastanza preciso. Sappiamo che ci sono persone che, per effetto di accordi che non erano ricompresi nella norma, rischieranno di trovarsi in questa situazione, e io ho promesso che mi impegnerò. Ma di nuovo non è che la norma possa contenere tutti quelli che rischiano di perdere il posto di lavoro in prossimità  della pensione». Insomma se c’è l’apertura a «trovare soluzioni dopo che ci sarà  occupati dei 65 mila» previsti al momento dal governo (l’Inps calcola 130 mila esodati, i sindacati 300 mila), questo non vuol dire che chiunque si troverà  a perdere il posto a qualche anno dalla pensione sarà  aiutato: l’«esodato», tecnicamente, è solo quel lavoratore che è uscito in forza di un accordo con l’azienda per il prepensionamento, firmato con l’avallo del ministero. Da qui a chiedere garanzie per tutti quelli che perdono il posto, nel tentativo insomma di farci rientrare bacini più vasti, ce ne corre (e infatti tanta gente oggi perde il posto, e alcuni – come sappiamo purtroppo dalle cronache – non reggono e decidono di farla finita). Quanto alla proposta della Cgil – fatta propria anche dal Pd – di reperire le risorse per tutelare gli «esodati» attraverso una tassa patrimoniale, la ministra Fornero ha risposto che è per il momento è una via impraticabile: «Voglio ricordare che in Italia manca un censimento dei patrimoni – ha detto – Questa è una ragione di difficoltà  per applicare una patrimoniale». Sulla riforma, vero oggetto del contendere – e tra i maggiori motivi di pressione sul governo, in un momento generale non certo facile per la sua tenuta – Fornero ha ribadito che si può cambiare, «ma mantenendone l’impianto e gli equilibri».


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