La lobby americana delle armi ora punta sulle donne

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NEW YORK — «Due cose ho imparato girando l’America per preparare il mio libro. In questo Paese sul diritto ad armarsi ci sono i favorevoli e un po’ di contrari, ma nessuno è neutrale. Secondo: al di fuori delle grandi metropoli a maggioranza democratica, negli Usa tutti hanno almeno un’arma». La fotografa Lindsay McCrum è diventata suo malgrado una studiosa del profilo sociologico dell’America con la pistola («un tema che eccita, non si riesce a discutere, anche se questa è una realtà  con molte articolazioni, che non andrebbe liquidata con uno stereotipo»), man mano che documentava in un libro fotografico pubblicato un anno fa, Chicks with Guns, la crescente diffusione di revolver e fucili tra le donne.
Un fenomeno cresciuto a dismisura negli ultimi anni e certificato dalle cifre sorprendenti diffuse lo scorso week end a St Louis durante la «convention» annuale della National Rifle Association (Nra), l’associazione-lobby degli armieri e degli armati. Nonostante il calo dei crimini violenti e l’aumento di stragi e uccisioni dovute anche alla facilità  con cui individui esaltati, fuori di senno e aspiranti «giustizieri», riescono a mettere le mani su micidiali armi automatiche, negli Stati Uniti le vendite di pistole e fucili continuano a crescere.
E l’incremento più consistente riguarda proprio l’universo femminile: sono ormai oltre 20 milioni le donne americane che possiedono almeno un’arma (un’indagine Gallup parla addirittura di 23 milioni). E quelle che si esercitano nei poligoni sono cresciute del 47 per cento in dieci anni, secondo la National Sporting Goods Association.
Casi come quello di Trayvon Martin, il ragazzino nero (disarmato) ucciso in Florida da un uomo che si era autonominato vigilante di quartiere e l’aveva scambiato per un ladruncolo, fanno discutere l’America e anche le decine di migliaia di frequentatori della fiera dell’Nra. Se ne parla, magari con dolore, ma come di un semplice, deprecabile incidente. Fatalità  della vita, come le vittime della strada.
Chi è abituato da generazioni a crescere in case piene d’armi, chi vive isolato o in zone abitate da animali pericolosi non può nemmeno concepire che la sua libertà  di procurarsi armi anche di notevole calibro possa essere limitata. La cosa curiosa è che, nonostante Barack Obama, fiutando quest’aria, abbia rinunciato a porre qualunque argine alla continua espansione di questi arsenali privati (facendo, così, infuriare i suoi elettori della sinistra «liberal»), proprio la paura di una sua rielezione a fine 2012 viene usata da industrie e commercianti per indurre i loro clienti ad accelerare gli acquisti: «Non si sa mai cosa potrebbe succedere con l’Obama 2».
E, siccome il mercato è mercato, a St Louis molti degli stand più affollati erano quelli destinati al «gentil sesso»: dalla fondina che consente di tenere il revolver appeso al centro del reggiseno (i filmati di estrazione rapida sono già  su YouTube) allo «Chic Lady Revolver». Praticamente una P38 per lei, fatta di alluminio anodizzato rosa (salvo l’impugnatura e la canna d’acciaio) e venduta a meno di 500 dollari con un’apposita valigetta, anch’essa rosa.
Fino a ieri la donna armata era soprattutto la ragazza cresciuta in un ranch che imparava dal padre a maneggiare il fucile, la moglie che andava col marito al poligono di tiro (negli Usa ce ne sono ormai diecimila, rispetto ai 500 di qualche decennio fa), la poliziotta o la dipendente di un’azienda della sicurezza. Oggi si cerca di vendere l’arma anche come un oggetto «chic», con pubblicità  che puntano esplicitamente ai richiami sexy. Le industrie festeggiano, intasate dagli ordini: il valore delle azioni della Smith and Wesson è schizzato alle stelle, mentre laSturm per adesso ha sospeso le vendite, visto che non riesce nemmeno a smaltire le enormi commesse già  acquisite.


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