Nuovo lavoro, assedio a Monti «Critiche opposte? C’è equilibrio»

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ROMA — «Giudizi frettolosi». E anche poco seri. Mario Monti risponde al Wall Street Journal e non le manda a dire. Con una lettera al giornale americano replica alle critiche ricevute sulla riforma del lavoro approvata dal governo.

Appena pochi giorni fa l’autorevole quotidiano finanziario aveva sommerso di elogi il presidente del Consiglio, paragonandolo alla signora Thatcher. Ieri mattina è arrivata invece una brusca sterzata: dalla Lady di Ferro il parallelo ha subito un declassamento al meno apprezzato, e molto più malleabile, predecessore inglese, Ted Heath.
Ovvio che a Palazzo Chigi non ci siano rimati bene, soprattutto per l’enorme impatto di immagine che un editoriale del Wsj può avere sulla comunità  finanziaria mondiale. Una brutta notizia che ha fatto il paio con le parole rilasciate da Emma Marcegaglia al Financial Times il giorno prima. In sintesi: la riforma non va bene per gli imprenditori italiani e nemmeno ora, dopo le ultime modifiche, soprattutto sull’articolo 18, per i quotidiani di punta dell’economia internazionale.
Visto il prestigio di cui entrambi godono, ieri pomeriggio Monti ha deciso di rispondere quanto meno al primo, in modo formale, con una lettera che sarà  pubblicata oggi nell’edizione americana del quotidiano simbolo di Wall Street. Per dire innanzitutto che anche al Wsj possono essere «frettolosi» nei loro giudizi; invece, rimarca il capo del governo, si tratta di «una riforma complessa che avrà  un grande impatto positivo sull’economia italiana», ragione per cui «merita di ricevere analisi serie».
Insomma anche il Wsj può fare degli errori di valutazione, magari suggeriti o agevolati dai commenti che sono arrivati da Confindustria. In ogni caso valutazioni che non tengono conto, a giudizio del premier, di una riforma che «è stata attaccata sia dall’associazione degli imprenditori che da quella dei metalmeccanici», cosa che dovrebbe suggerire, prosegue Monti nella lettera, che «è stato raggiunto un equilibrio» positivo.
C’è anche una risposta in qualche modo giornalistica, nell’attacco della lettera. «Non ho mai cercato di essere la Thatcher dell’Italia — premette Monti — quindi non ho obiezioni se ritirate il titolo». Detto questo, continua, la riforma del lavoro renderà  certamente il mercato «più flessibile», «ridurrà  il dualismo di garanzie» presenti nel sistemo odierno. E se il capitolo dei contratti a termine è anch’esso oggetto di analisi severe c’è da rimarcare che è non solo «corretto», ma anche «comune pratica internazionale» avere in questi casi «un contributo maggiore di protezione sociale», proprio perché i contratti a termine «costano di più alla società », occupando persone che un domani potrebbero essere disoccupate e richiedere dunque varie forme di protezione sociale.
Ovviamente Monti difende anche la nuova versione dell’articolo 18: viene introdotta «una procedura più veloce» nella gestione dei licenziamenti economici; c’è un primo passo con una definizione delle controversie «in sede extragiudiziale»; un secondo, «se la conciliazione fallisce, come avviene in altri Paesi», davanti al giudice.
Ieri mattina, al Tg1, aveva spiegato in questo modo: «Il reintegro non è più previsto, se il motivo economico del licenziamento viene ritenuto manifestamente insussistente il giudice può, ma non deve, come chiedevano il Pd e certi sindacati, decidere per il reintegro».


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