Suicidi per la crisi, non solo questioni economiche

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OPAL rende noto che, secondo dati ISTAT molto recenti, dalla Provincia di Brescia sono state esportate anche durante tutto il 2011 – cioè nel pieno delle rivolte delle popolazioni della cosiddetta “Primavera araba” – “armi e munizioni” per un valore complessivo di 6,8 milioni di euro ai paesi del Nord Africa, e oltre 11 milioni di euro ai paesi del Medio Oriente.

«In occasione di EXA 2012, chiediamo alle autorità  competenti e alle industrie produttrici di armi della Provincia di Brescia di fare subito piena chiarezza su queste esportazioni che riguardano armi leggere per ‘uso civile e sportivo’, ma che sono altrettanto letali delle armi ad uso militare» – afferma Piergiulio Biatta, presidente di OPAL.

Il materiale esportato verso paesi in guerra oppure attraversati da conflitti interni è ampio e consistente. Mentre la ditta italiana Area Spa, specializzata in sicurezza informatica, lavora per la sanguinaria repressione del regime di Assad in Siria, Giorgio Beretta, ricercatore di OPAL e redattore di Unimondo (nessuna parentela con gli omonimi produttori di armi di Gardone Val Trompia) traccia il bilancio delle armi italiane esportate nelle zone turbolente di Africa e Medio Oriente.

«Nella categoria CH254 dell’ISTAT sono riportate per il 2011 esportazioni dalla Provincia di Brescia di ‘armi e munizioni’ ai seguenti paesi del Nord Africa (per un valore complessivo di 6.808.503 di euro): Marocco (3.608.893 euro), Algeria (2.865.344 euro), Egitto (332.386 euro) e Tunisia (1.880 euro). E, per quanto riguarda l’area del Medio Oriente (sempre nel 2011 dalla Provincia di Brescia) sono state esportate ‘armi e munizioni’ per un valore complessivo di 11.190.345 di euro, nello specifico: Emirati Arabi Uniti (4.619.238 euro), Giordania (1.447.661 euro), Libano (978.324 euro), Kuwait (969.360 euro), Oman (609.801 euro), Qatar (501.810 euro), Bahrain (161.721 euro) ed altre per valori minori a Giorgia e Armenia senza dimenticare i 1.847.150 euro di esportazioni di queste armi a Israele.

Suscitano diversi interrogativi – prosegue Beretta – l’invio di ampie forniture di armi in paesi come l’Algeria dove lo scorso anno le manifestazioni popolari hanno chiesto la fine dello stato di emergenza e le dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika, al potere da quasi 12 anni; ma anche quelle del Marocco dove, oltre alle numerose contro il potere monarchico del re Mohammed VI, permane l’occupazione illegale del Sahara Occidentale con le limitazioni alle libertà  delle popolazioni saharawi. E andrebbe chiaramente spiegato a quale milizia o fazione militare sono state vendute quelle armi e munizioni per quasi 1 milione di euro esportate in Libano, dove dal 2006 è stanziato un contingente miliare italiano nell’ambito della missione di peace-keeping dell’Onu denominata UNIFIL».

«Uscendo dall’ambito mediorientale – conclude Beretta – andrebbe urgentemente chiarito di che tipo siano e a chi siano state destinate quelle armi per oltre 1 milione di euro (1.050.758 euro) esportate da qualche azienda bresciana in Bielorussia tra aprile e giugno 2011, cioè pochi giorni prima che l’Unione Europea decretasse il 20 giugno un embargo di armi verso il paese ex-sovietico a causa delle violazioni dei diritti umani e della repressione messa in atto dal regime del presidente Lukashenko.

Come riporta la decisione del Consiglio dell’Unione (2011/357/CFSP) e relativo Regolamento (Council Regulation n. 588/2011) che impongono l’embargo, sono proibite verso la Bielorussia “la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di armi e relativo materiale di qualsiasi tipo, comprese armi e munizioni, veicoli ed equipaggiamenti militari, materiale paramilitare e relativi pezzi di ricambio di cui sopra, nonché attrezzature che possono essere utilizzate per la repressione interna, da parte di cittadini degli Stati membri o in provenienza dal territorio degli Stati membri o mediante navi o aeromobili di bandiera, siano essi originari o meno nei loro territori”. Da un nostro primo esame dei dati, pare si tratti in gran parte di pistole e rivoltelle, ma va fatta assoluta chiarezza da parte delle autorità  e delle associazioni armiere».

«Non vorremmo si trattasse di un’esportazione simile a quella degli 11.200 pezzi tra pistole e fucili semiautomatici prodotti dalla ditta Beretta di Gardone Val Trompiaper un valore di oltre 7,9 milioni di euro esportate come “armi leggere e non militari” maconsegnate alla Direzione Armamenti della Pubblica Sicurezza del colonnello Gheddafi» –aggiunge Carlo Tombola, coordinatore scientifico di OPAL. «Né vorremmo venire a sapere dalla stampa internazionale che queste armi “civili” prodotte ed esportate dalla provincia di Brescia sono state poi “triangolate” e finite nelle mani di altri destinatari e anche di terroristi, com’è accaduto nella vicenda delle “Beretta fantasma” (vedi il processo che si è aperto a Brescia in queste settimane)» – ha concluso Carlo Tombola.

Il fatto che non sia ancora stata resa nota da parte del Governo Monti la Relazione annuale sulle esportazioni di armi italiane ad uso militare – che avrebbe dovuto essere pubblicata per il 31 marzo – mentre è stata presentato in Parlamento un Disegno di Legge che delega al Governo la riforma della legge 185/1990, non depone a favore della trasparenza su un settore come quello dei trasferimenti delle armi che riguarda la stessa politica estera e di difesa del nostro paese. [PGC]


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