IL CINEMA SI È FERMATO, NON TROVA NUOVI TALENTI

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La giuria internazionale invece si è entusiasmata per questa storia corale, popolare, sulle aspettative di fama istantanea televisiva, e gli ha assegnato l’importante Grand Prix. Al di là  delle colline, tragedia tra amore e fede in un povero convento ortodosso, del rumeno Cristian Mungiu, ha vinto il premio alla sceneggiatura e il premio della giuria è andato a quel grande narratore dei diseredati che è Ken Loach, che in La parte degli angeli, racconta di come oggi siano proprio i ragazzi senza futuro, schiacciati dall’austerità , a sperare che un mondo diverso è possibile. Maltrattato da quasi tutta la stampa mondiale, mai preso in considerazione come premiabile, il messicano Carlos Reygadas, con il suo Post Tenebras Lux si è preso il premio della regia, immagini bellissime e allucinate in una storia inestricabile. È stato l’unico gesto dissacrante della giuria, rispetto ai furori di molta augusta critica, e anche di pubblico, diventati, con gli anni, sempre meno disposti a dare un senso a ciò che in apparenza pare non averne. 
Festeggiamenti commossi in Italia per la vittoria di Garrone, e tutti a prendersene il merito, se non c’erano loro chissà : magari dimenticando che a parte la bravura del nostro autore, una parte importante del film appoggia sul protagonista Aniello Arena, che qui certo non poteva esserci, essendo chiuso da vent’anni nel carcere di Volterra. 
Certo, è curioso che si ripremino i premiati del passato, questa volta per film belli ma non così importanti; Haneke aveva vinto la Palma d’oro nel 2009 con Il nastro bianco, Garrone il Gran Premio nel 2008 con Gomorra; Ken Loach e Cristian Mungiu hanno già  vinto la Palma d’Oro, il primo nel 2006 e il secondo nel 2007. È come se il cinema si fosse fermato, facesse fatica a trovare, o non osasse, nuovi talenti; anche se poi sia Garrone che Mungiu sono poco più che quarantenni e già  così premiati. I francesi erano certi che almeno uno dei loro tre film in concorso avrebbero meritato la Palma d’oro, invece niente, neppure un premio di consolazione, e niente hanno vinto gli americani. Pareva che non ci fosse neppure da discutere sul premio di interpretazione a Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva, gli attori ottantenni che Haneke ha voluto perché commuovessero il mondo ricordando il valore dei legami d’amore, pietà  e condivisione di una lunga vita, quando la malattia pone entrambi davanti alla sofferenza e al bisogno di fine. Ma premiare questi due celebri attori, che hanno fatto grande nel passato il cinema francese e quello italiano, deve essere apparso scontato, e consolatorio, inutile rispetto a una carriera luminosa come la loro. Amour, ha detto Nanni Moretti, vive soprattutto della loro interpretazione e dei loro volti, quindi la Palma d’oro ad Haneke è anche loro. È giusto comunque aver segnalato quegli attori non conosciuti, molto giovani come le ragazze rumene, o giovani, come l’attore danese, pensando che il cinema non ha solo un passato di grandi maestri (in questo Festival anche troppi) e di grandi interpreti, ma anche un futuro da costruire. 
Si è molto brontolato tra critici incontentabili sui troppi film non memorabili, ma questa deve essere l’attuale condizione dell’industria del cinema. Si sono innervositi anche i cronisti del tappeto rosso, su cui solo ieri sera si sono viste, malgrado la pioggia, molti personaggi noti, tra cui la bella nuova ministra francese della cultura Aurelie Filippetti. È stata impressionante l’invasione di sontuosi abiti da sera, sempre con strascico infangato solo dopo pochi secondi, e diamanti dappertutto. Comunque si è stabilito che a parte certe donne meravigliose da festival, le donne normali scelgono lo stile sirena, che sta malissimo. Anche nell’abbigliamento, come nei film, questa volta si sono imposti i maschi: lo smoking rende sopportabili anche i meno attraenti.


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