Il sangue degli studenti

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Carlo Lania, inviato a Brindisi «E’ stato un inferno» racconta chi si trovava a passare ieri mattina alla 7,50 quando un’esplosione ha stravolto, distruggendole, le vite e i sogni degli studenti della scuola. Un boato enorme che ha divelto la saracinesca di un negozio, rotto i vetri della scuola, distrutto le sbarre di ferro della recinzione e seminato morte. Può sembrare banale, ma è così: Brindisi come Kabul. L’ordigno è composto da due bombole di gas collegate tra loro a un meccanismo elettronico. Sembra che l’attentatore le abbia nascoste in un cassonetto blu per la raccolta differenziata, spostato per l’occasione vicino al cancello dell’istituto, ma non è escluso che fossero poggiate sul muro di recinzione della scuola. La bomba incendia letteralmente gli studenti, molti dei quali sono pendolari. Come Melissa Bassi, 16 anni, di Mesagne, un paese a pochi chilometri da Brindisi, che morirà  poco dopo all’ospedale. La sua amica Veronica, 15 anni, è ferita gravemente, la bomba le ha aperto lo stomaco e ieri sera lottava tra la vita e la morte. Altre quattro studentesse restano ferite, con ustioni su tutto il corpo. I primi ad accorrere in aiuto dei ragazzi sono i professori insieme a qualche genitore. C’è chi si toglie la giacca per cercare di spegnere le fiamme dai corpi dei ragazzi. Alcune studentesse, i capelli bruciati, vagano per la strada sotto choc, mentre l’aria comincia a riempirsi delle sirene delle ambulanze. Chi può aver voluto portare la morte in una scuola? Di sicuro chi ha organizzato l’attentato non lo ha fatto per intimidire ma per uccidere. Tra le prime ipotesi verso cui guardano gli investigatori, c’è quella che porta alla criminalità  organizzata. Una pista suffragata da una lunga serie di coincidenze: ieri a Brindisi è arrivata la carovana antimafia di Libera, la scuola è intitolata a Giovanni Falcone e a sua moglie Francesca Morvillo, tra tre giorni cade l’anniversario della strage di Capaci, nella quale il giudice perse la vita insieme alla moglie e alla scorta. Proprio l’istituto professionale ha vinto un premio legato a un progetto per la legalità . E oggi la carovana di don Ciotti doveva passare da Mesagne, il paese della povera Melissa ma anche il paese dove è nata la Sacra corona unita e dove una decina di giorni fa le forze dell’ordine hanno assestato un duro colpo ai clan arrestando sedici affiliati. E infine l’ultima coincidenza, se davvero lo è. La bomba è esplosa pochi minuti dopo l’arrivo del pullman che ogni giorno porta gli studenti proprio da Mesagne a Brindisi. Che volessero colpire la scuola non ci sono dubbi: a nemmeno cento metri c’è il tribunale, ma se l’obiettivo fosse stato quello, la bomba avrebbe dovuto essere collocata più avanti lungo la strada. Stessa cosa per la sede della Cgil che si trova dall’altra parte della strada. Quella della criminalità  organizzata però, è una pista che col passare delle ore sembra indebolirsi, anche se ovviamente nessuno si la sente di accantonarla. Però suscita forti dubbi. «Dai dati oggettivi che abbiamo in mano, non sembra essere un attentato compiuto dalle formazioni mafiose salentine» spiega a sera Cataldo Motta, procuratore antimafia di Lecce che conduce le indagini. «Quelle usano esplosivo innescato da una miccia, questa è un ordigno molto sofisticato, con un sistema di innesco elettronico”. Dietro le due bombole allora, per l’investigatore ci sarebbe dell’altro. «E’ un atto terroristico, non perché fatto da un’organizzazione terroristica bensi perché mira a seminare il terrore». E questo per Motta spiegherebbe anche la scelta di Brindisi. «Se colpiscono la scuola di una città  periferica, destabilizzano ogni scuola d’Italia, anche quelle meno frequentate. Dietro questo attentato c’è gente che gioca sulla paura, che vuole alimentare la paura». Vigliacchi senza scrupoli, che non si fanno problemi a colpire i più giovani. Come Melissa, che a 16 anni aveva tutto il diritto di sognare una vita tutta sua. Uno di questi sogni era quello di fare la stilista, il motivo che l’aveva spinta a scegliere l’istituto professionale. E poi il fidanzato, la chattate su Facebook con gli amici. Una vita normale, come quella di Vanessa e di tutte le altre, interrotta da una morte che nulla ha di normale, decisa da un folle che ha traformato una giornata di scuola in una macelleria. Se l’obiettivo era seminare il terrore, chi ha compiuto l’attentato ha però già  perso. Sì, è vero, subito dopo l’esplosione le scuole di Brindisi sono rimaste vuote, abbandonate dagli studenti. E’ stata una reazione normale, alimentata anche dalle voci secondo le quali ci sarebbero stati altri ordigni pronti a esplodere. Ma è durata poco. La città  ha infatti avuto uno scatto di orgoglio e si è subito ritrovata. Arrivano il presidente della Regione Nichi Vendola, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, il ministro degli interni Annamaria Cancellieri, il vicecapo della polizia, il prefetto Fancesco Cirillo. Si tiene un vertice in procura per fare il punto delle indagini, ma si cerca anche di dare al dolore una forma collettiva che nel pomeriggio trova sfogo in un’enorme fiaccolata in Piazza Vittorio, nel centro della città , alla quale partecipano migliaia di persone. «Brindisi oggi è la capitale del dolore», dice Vendola dal palco. Non ci sarà  nessun cedimento, le scuole non chiuderanno e lunedì le attività  si svolgeranno come sempre, assicura il sindaco. Brindisi c’è, e lo fa capire anche fischiando l’arcivescovo, monsignor Rocco Talucci e i politici che si fanno vedere sul palco. Dove a certo punto gli studenti aprono uno striscione. C’è scritto: «Siamo cittadini di un paese che si ricorda che dobbiamo essere uniti solo quando si muore. Ciao Melissa».


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