Si ai gay. No ai pride

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Mentre il Ministro Riccardi, in sala stampa, si stava lamentando più della Francia di Hollande che degli Usa di Obama in quanto favorevoli ai matrimoni gay in piazza iniziò il gay pride di Bruxelles. Coincidenza. Un’organizzazione non sapeva dell’altra in un mondo globalizzato ove l’informazione va a mille e, nonostante questo, “esisto solo io”.

Coloratissima e nonviolenta la manifestazione è stata aperta da un minuto di silenzio in ricordo di Ishane Jarfi, ucciso in un’aggressione di stampo omofobo. Io mi sono riversato in strada abbandonando la conferenza stampa un tantino noiosa. Con sottofondo di musica tecno sfilavano “carri mascherati” animati da persone svestite, truccate e per lo più in mutande. Ogni carro era sponsorizzato da una discoteca, un pub trendy o da una marca di camion.

Non avendo mai partecipato alle edizioni romane, nonostante l’insistenza di alcuni nostripartner, ho trovato la cosa divertente. L’arrivo del primo ministro belga Elio Di Rupo, di origine italiana e dichiaratamente gay, ha reso la folla ancor più esultante. Bene. Si trattò di una risposta nonviolenta alla violenza degli omofobi che pochi giorni prima, non fosse bastato l’omicidio di Jarfi, hanno pestato a sangue e senza motivo due ragazzi per il sol motivo che erano abbracciati. I due, dimessi dall’ospedale, avevano riconosciuto i propri aggressori e li hanno denunciati alla polizia che s’è dimostrata molto reticente.

Ma dopo il passaggio del carosello con tanto di servizio d’ordine cosa restò? Devo essere sincero: la desolazione! Ho visto sporcizia ovunque. Molti adolescenti ubriachi trasformarsi in una fauna in cerca di sballo, spaccar bottiglie in strada, denudarsi, e farsi spinelli per lo più per compiacer al branco. Liti. Si; atti di violenza gratuita nelle coppie e tra coppie. Molta ostentazione e poco amore. Vedere minorenni dello stesso sesso rotolare sull’asfalto tra la sporcizia sovradescritta è un’offesa all’affettività  sia essa trans, etero, omo o lesbo.

Poco distante in una città  multiculturale come la capitale d’Europa passavano delle giovani ragazze mussulmane dal volto coperto e passo lesto. Confabulavano. Le seguii perché certamente conoscevano la strada più breve per uscir dalla ricerca di trasgressione a tutti i costi che si dilungò stancamente sino all’alba quando i netturbini si trovarono a ramazzar il sudicio prima dell’arrivo degli ambulanti di frutta e verdura.

Mi tornò in mente da un lato uno scritto del fotografo Alessandro Bavari: “Insomma, a Sodoma e Gomorra la gente l’ho voluta allegra, creativa e fantasiosa, fino al giorno dell’apocalisse, in cui l’onnipotente, infastidito dalla troppa esuberanza, ha voluto stendere per sempre il suo immenso velo nero”. E dall’altro il video Cairo Revolution girato dal nostro Andrea Bernardi ove in Piazza Tahrir al Cairo i giovani rivoluzionari, post Mubarak, si accingevano a smontare, scopare (nel senso ripulire), ridipingere, assestare a proprie spese e fatiche la piazza sino a farla risplendere. Era la primavera araba.

Ho scattato alcune foto della manifestazione e ve ne risparmiamo altre.

A scanso di equivoci scrivo questo pezzo nella giornata contro l’omofobia e la transfobiamentre Unimondo ha voluto ricordare David Kato Kisule, attivista per i diritti degli omosessuali in Uganda, paese in cui è ancora un reato avere un diverso orientamento sessuale.

Rispettiamo i gay ma, per favore, risparmiateci i pride.


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