Decreto sul merito, piovono critiche e Profumo rinvia

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Lo hanno rinviato alla prossima seduta del Cdm per l’approvazione. Il Pd lo ha bollato come un provvedimento ideologico che ha prodotto tensioni all’interno del Miur. Si tratta dell’annunciatissimo “decreto sul merito”, la lenzuolata con la quale il ministro dell’istruzione e dell’università  Francesco Profumo vorrebbe scuotere le fondamenta dell’istruzione italiana, ribaltando l’impostazione della riforma Gelmini.
Nel provvedimento, stando alle bozze circolate negli ultimi giorni, ci sono numerosi contenuti ornamentali e poche certezze: l’abilitazione nazionale per i ricercatori e gli associati non ci sarà  più, si torna ai concorsi locali (contro i quali Gelmini si era battuta), mentre i ricercatori tenure track (dopo tre anni di contratto si viene nominati professori in pianta stabile) sembrano svanire nel nulla. Molto si è detto sull’istituzione dello “studente modello” che le scuole individueranno tra i diplomati con 100 e 100 e lode, al quale verrà  ridotto del 30% il costo di iscrizione al primo anno di università . Tra le altre misure, nuovo sarà  il portfolio dello studente, cioè un database a disposizione delle imprese che riporta il suo percorso formativo e i titoli ottenuti alla master class, che non è una carta di credito, bensì le classi dove andranno a studiare i “migliori”. A loro verrà  assegnata la carta “IoMerito”, definita “borsellino elettronico”, nella quale verrà  accreditata una borsa di studio. 
«E’ un’operazione ideologica che non guarda la realtà  – afferma Luca Spadon della Rete della conoscenza – i dati di Almalaurea dimostrano che i laureati nella specialistica guadagnano meno della triennale (1.080 salario medio nella specialistica e 1.105 per la triennale), la disoccupazione giovanile è più alta per chi ha una laurea in specialistica che in quella triennale. Chi studia non viene premiato, oggi la formazione non è più strumento per l’accesso sociale. Questa è la tendenza da rovesciare». Nel “decreto sul merito” pesa l’istituzione di un fondo premiale per le scuole del primo e del secondo ciclo. Una misura che avvicina la governance delle scuole a quella delle università  che da tempo devono spartirsi un fondo destinato ai “migliori” atenei a discapito di altri. «L’idea di premiare i migliori – dice Domenico Pantaleo, segretario Flc-Cgil – lasciando indietro tutti gli altri, risponde a un’idea classista della scuola» e non risolve la dispersione scolastica e le differenze tra Sud e Nord. L’ex ministra Gelmini accusa invece Pantaleo di «classismo rovesciato» poiché non valorizzare il merito in nome delle «vecchie idee egualitarie» è una ricetta nemica dell’eccellenza. Uno scontro da manuale tra l’idea della giustizia sociale e quella dell’individualismo competitivo. A quest’ultimo sembra però sfuggire la controrivoluzione prospettata da Profumo che fa di necessità , virtù.
Il Coordinamento dei ricercatori precari (Cpu) denuncia l’introduzione dell’obbligo all’insegnamento per gli assegnisti di ricerca. Visto che il blocco dei concorsi impedisce il reclutamento, mentre i docenti e ricercatori sono insufficienti per sostenere i corsi di laurea esistenti, si vuole così obbligare i precari a sostenerli, pur avendo per contratto l’obbligo di fare solo ricerca. «E’ l’ultima tappa della precarizzazione della ricerca». Dal 2008 sono state espulse dall’università  10 mila persone all’anno, conclude amaramente il Cpu.


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