Manca il Tassello Spagnolo Rajoy dovrà  Firmare la Resa

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Quel giorno il consiglio direttivo della Banca centrale europea concluderà  la sua prossima riunione e tutti sui mercati finanziari aspettano che per allora Mario Draghi, il presidente, comunichi nuove misure dell’Eurotower per sostenere i Paesi sull’orlo del baratro. «Nei limiti del nostro mandato, faremo ciò che serve per salvaguardare l’euro: e credetemi, sarà  abbastanza», ha detto Draghi giovedì scorso a una conferenza di Londra. 
Sarà  probabilmente abbastanza, ma non è altrettanto chiaro che sarà  quando i mercati finanziari se lo aspettano. Nella sua conferenza stampa di giovedì Draghi potrebbe limitarsi a annunciare alcune misure meno controverse, però non ancora l’avvio di un nuovo programma di acquisti di bond sovrani spagnoli. A questo la Bce sta ormai lavorando a pieno regime, dopo aver interrotto gli interventi l’inverno scorso. Ma sono molti i pezzi ancora fuori posto, nel domino che Draghi ha innescato da Londra tre giorni fa. Non è certo che tutto sarà  pronto per giovedì e, in caso di una delusione quel giorno, la reazione dei mercati potrebbe anche essere violenta.
La tessera determinante del mosaico riguarda proprio la Spagna. C’è un piano di acquisti di titoli che prevede interventi alle aste da parte dell’Efsf, il fondo salvataggi provvisorio, mentre la Bce fa altrettanto con i bond già  sul mercato. In contropartita, la Germania chiede però che il governo di Mariano Rajoy sottoscriva un «Memorandum d’intesa» destinato ad azzerare il poco che resta della sovranità  della Spagna sulla propria politica economica. Il protocollo non imporrebbe nuove misure, oltre a quelle del bilancio 2013-2014 che Rajoy varerà  già  domani. Il governo iberico però dovrebbe sottoporsi alle visite di controllo periodiche (lo chiamano «monitoraggio») dei tecnici di Bruxelles e della Bce, su un calendario che lo vincolerebbe per anni.
È un prezzo molto alto per Rajoy. Firmare quella lettera significa per lui abdicare di fatto a un potere che ha inseguito per otto anni, in due elezioni perse (2004 e 2008) e nella terza finalmente vinta solo nove mesi fa. Non è un passo facile per il premier di un Regno che per secoli ha gestito un impero globale. Rajoy sa bene che non ha molta scelta, perché il costo dell’indebitamento spagnolo era ormai fuori controllo prima che Draghi parlasse tre giorni fa. Ma mentre il percorso è definito, è sui tempi che ancora manca la chiarezza. Luis de Guindos, ministro delle Finanze ed ex capo di Lehman Brothers in Spagna, pensa che per firmare la resa debba almeno tenersi un Eurogruppo. Per ora però nessun incontro dei ministri finanziari dell’euro è in agenda, mentre si avvicina il giorno in cui Draghi dovrà  dire ciò che la Bce intende fare. Il presidente della Bce ne sta parlando in questi giorni con Jens Weidmann, il suo pari grado della Bundesbank. Lo fa perché la Banca centrale tedesca non intende fare sconti: a costo di violare i vincoli di riservatezza imposti dall’Eurotower, la Bundesbank ha già  ribadito che resta del tutto contraria agli acquisti di bond sovrani.
È per sbloccare questo impasse che molti in Europa adesso si stanno voltando verso Mario Monti. A Bruxelles e a Francoforte, a Berlino e a Parigi, si spera ancora che il premier italiano convinca il suo collega spagnolo ad accelerare i tempi e piegarsi. Magari anche prima del vertice italo-spagnolo di Madrid proprio il prossimo giovedì. Monti può mediare, ma è improbabile che lo faccia di buon grado: non se per caso iniziasse a sospettare che il postino dei memorandum, la seconda volta, suonerà  all’uscio di Palazzo Chigi.


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