Senato, giro di vite sui farmaci «di marca»

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ROMA — Obbligo di prescrivere il farmaco generico, il Parlamento ci riprova. Tra soldi da stanziare e poi non trovati, come quelli per allargare oltre i 120 mila la platea degli esodati, ed enti cassati e poi rispuntati come la Covip che vigila sui fondi pensione, nello scuci e ricuci che è diventata la spending review, è entrata in sordina durante il passaggio del provvedimento in commissione Bilancio al Senato anche una norma che prova definitivamente a liberalizzare i farmaci, spingendo quelli generici. 
Sul testo approvato dalla commissione Bilancio, nella notte tra venerdì e sabato, e che domani sarà  in Aula al Senato, con ogni probabilità  verrà  posta la fiducia, per consentire di varare velocemente il provvedimento. «Puntiamo a chiudere lunedì, per poi passare il testo alla Camera», ha detto il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, anticipando indirettamente la decisione del governo. 
Nell’emendamento sui farmaci si stabilisce che il medico nel prescrivere per la prima volta a un paziente la terapia per una malattia cronica debba indicare in ricetta non il farmaco di marca, ma il principio attivo: «L’eventuale prescrizione di uno specifico medicinale tra quelli equivalenti deve essere giustificata dal medico con sintetica motivazione scritta». Si era già  provato a spingere questa norma in passato, ma a fronte delle resistenze incontrate, anche da parte dei medici che vedevano violata la propria autonomia, si era optato per la possibilità  di indicare nella ricetta che il farmaco è «non sostituibile». Ora invece i medici hanno un vincolo maggiore nella prescrizione.
Come qualche mese fa, la norma scatena le proteste dei medici di famiglia, con la Fimmg che paventa «rischi» per la salute dei pazienti, dal momento che «non sarà  più il medico a decidere quale farmaco il paziente dovrà  prendere, ma il farmacista». E c’è la mobilitazione della aziende farmaceutiche, già  sul piede di guerra per gli sconti al Servizio sanitario nazionale, comunque limati in Commissione (si passa dal 6,5% previsto dal governo al 4,1%). Secondo Farmindustria ora si crea «un mercato protetto per i prodotti senza marchio, producendo un’inaccettabile distorsione della corretta competizione».
Non sono le uniche resistenze sul provvedimento, che pure, con i 2.500 emendamenti, ha avuto alcuni aggiustamenti. C’è ancora pendente la questione tagli al pubblico impiego, con la riduzione degli organici della pubblica amministrazione. Il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha nuovamente convocato i sindacati domani, dopo l’incontro che ha dovuto disertare mercoldì scorso. 
Sull’altro fronte di sua competenza, le Province, che ha subito uno slittamento semantico da «soppressione e accorpamento» a «riordino» (da realizzarsi non più nei tempi stringenti indicati dal decreto, ma entro fine anno), non ci sarà  nessuna marcia indietro, garantisce Patroni Griffi: «Per quanto debba essere ampio il dibattito con il territorio i tempi verranno rispettati», e se anche non ci dovesse essere accordo si procederà  «con una legge d’iniziativa del governo». 
«Ci sono state modifiche micro e macro — riconosce il relatore per il Pdl, Gilberto Pichetto Fratin — ma la sostanza, le finalità  e le linee del decreto non sono cambiate». Secondo il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo «in 5 giorni abbiamo fatto una sorta di finanziaria, che richiede tre mesi, senza gli strumenti tecnici della sessione di bilancio: un piccolo miracolo». Ma i saldi del decreto della spending review «sono rimasti assolutamente invariati». Ecco perché non è stato possibile riaprire il capitolo esodati, prevedendo una copertura ulteriore rispetto ai 55 mila, cui il decreto attribuisce 4,1 miliardi. 
Risorse sono state invece trovate per finanziamenti agevolati fino a 6 miliardi per i danni a case e imprese dei territori colpiti dal sisma in Emilia, per alleggerire il taglio ai Comuni (800 milioni), per evitare di togliere 30 milioni alla Ricerca nel 2012, e per salvare alcuni enti, come la Covip, l’authority che vigila sui fondi pensione, che doveva essere fusa con l’Isvap (assicurazioni), e istituzioni nel mondo delle arti e dello spettacolo come il Centro sperimentale di cinematografia e la Cineteca nazionale. Da registrare anche che i senatori con un emendamento hanno attribuito al 5 per mille i fondi per i partiti estinti.


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