Ue e Bce promuovono la spending review “È in linea con le nostre raccomandazioni”

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ROMA – Ue, Banca centrale e Corte dei Conti la promuovono; Moody’s invece la boccia senza appello. La spending review, da ieri sul tavolo di Bruxelles, passa gli esami e viene promossa dal commissario Olli Rehn, responsabile Ue agli Affari economici e monetari, che «apprezza» le misure illustrate dal premier italiano Mario Monti. Sono «assolutamente in linea con le raccomandazioni della Commissione, approvate dal Consiglio Ue», e quindi possono incassare un tranquillizzante placet da parte dell’Unione. 
Un altro incoraggiante semaforo verde Monti lo riceve dalla Bce e dal suo presidente secondo cui le misure messe a punto dal governo «aiuteranno a centrare gli obiettivi», compreso quello del «risanamento dei conti pubblici». Anche dalla Corte dei Conti arriva un giudizio positivo sul decreto legge: «È uno dei primi provvedimenti in cui si va verso la revisione qualitativa della spesa – dice il presidente della Corte Luigi Giampaolino – è l’inizio di un procedimento virtuoso che la Corte ha sempre auspicato».
Di segno opposto, invece, l’analisi di Moody’s. L’agenzia di rating all’interno del suo bollettino settimanale Weekly credit outlook – che difficilmente avrà  potuto tenere conto della preziosa Relazione tecnica appena sfornata dagli uffici del Tesoro – boccia l’impianto del decreto, soprattutto nella parte che riguarda gli Enti locali: «I tagli che il governo italiano mette a punto hanno riflessi negativi per il profilo di credito delle amministrazioni locali». Per Moody’s «le Regioni sopporteranno il 60 per cento dei tagli proposti» dal governo, con un evidente rischio per la tenuta dei loro bilanci. 
Intanto nel nostro Paese si valuta l’impatto che la revisione della spesa pubblica avrà  soprattutto sul comparto sanitario. Secondo il ministro della Salute Renato Balduzzi, il taglio dei posti letto sarà  più morbido di quello calcolato fino ad oggi, con risparmi complessivi pari a 7,9 miliardi in tre anni. «I posti letto pubblici diminuiranno di 7mila unità  a partire dal 2013» e non, quindi, di 18mila. 
Il cerino a questo punto passa nelle mani delle Regioni, ad esclusione di quelle virtuose che non saranno investite dalla riforma. Entro novembre prossimo i governi locali dovranno iniziare un «graduale processo di riorganizzazione» della durata di tre anni. Il responsabile della Salute, che difende l’impianto generale del decreto, apre infine uno spiraglio alla trattativa con le controparti e si dice «disposto a sedersi al tavolo con le Regioni per rimodulare gli interventi, fermi restando i saldi finale dell’operazione». Un invito che parte dopo il cartellino giallo mostrato da Pier Luigi Bersani che ieri ha sollcitato il governo ad aprire in tempi brevi un «tavolo» con le Regioni: «Non vorrei che si arrivasse ad una rottura istituzionale che non renderebbe poi governabile il percorso previsto dalla spending review» ha spiegato il leader del Pd che ha poi “strigliato” il Tesoro, accusato di «comandare a livelli inverecondi». 
Ma oltre a convincere le Regioni, Balduzzi dovrà  fare i conti con i farmacisti che contestano i nuovi tetti alla spesa farmaceutica territoriale e il sostanzioso sconto che dovranno fare al Servizio sanitario. Una doppia batosta sulla categoria che potrebbe essere costretta, secondo Federfarma, a mettere alla porta «20mila persone» e a preparare, a breve, uno sciopero.


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