Passera: «Troppe tasse» Gelo dei sindacati sull’«uscita dalla crisi»

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RIMINI — «Vedo l’uscita dalla crisi ma dipenderà  molto da quello che riusciremo a fare». Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera si allinea all’ottimismo diffuso l’altro giorno dal premier Mario Monti e addirittura lo supera quando prospetta la possibilità  di «trovare le risorse, una volta messi in sicurezza i conti, per abbassare le tasse, perché sono una zavorra». E da dove cominciare? Dai redditi più bassi dei lavoratori dipendenti. Coesione, partecipazione, sussidiarietà , federalismo, nuovo welfare sono tutti tasti che una vecchia conoscenza del mondo ciellino come Passera conosce bene. Ha cominciato a venire al Meeting di Rimini quando era amministratore delle Poste, oggi parla da ministro e un domani chissà . Perché il Meeting porta fortuna. Come Monti anche Passera rinuncia alla lettura del discorso accademico scritto «a freddo» e si lancia nel raccogliere la sfida lanciata da Giorgio Vittadini per continuare ad avere un welfare universale senza fare troppi sacrifici.
Il ministro mette subito in chiaro il suo pensiero. Prima cosa: la situazione dell’Italia era molto più brutta di come veniva dipinta e «siamo stati davvero a un passo dal commissariamento». Seconda cosa: ce l’abbiamo fatta perché siamo rimasti uniti, quindi è stato merito di tutti, dal sindacato alle imprese, alle forze politiche. Terza cosa: ora bisogna crescere e per farlo bisogna affrontare il nodo della produttività  «che è più grave di quello dello spread». Un po’ di conti tanto per condire il suo ragionamento: «In 15 anni la differenza rispetto alla media europea è passata da meno 5 a meno 12». Passera la sfida la lancia alle parti sociali: «Vedremo nella prossima tornata di contrattazioni se sapranno tenere conto di questo come ha fatto la Germania 12 anni fa, salvandosi». Sacrifici in fabbrica per tutti, ma poi l’economia tedesca è ripartita. Passera a sindacati e imprese offre non solo coesione («Uno degli elementi portanti della crescita») ma anche concertazione. Una posizione più morbida rispetto a quella di Monti, nei confronti del quale il ministro si è distinto anche quando ieri ha detto «che non c’è alcuna generazione perduta».
Nel fronte sindacale l’invito cade un po’ nel vuoto. Tolto il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni che si dice disponibile a ragionare sull’idea di un patto: «Passera dice cose importanti e io sono d’accordo, la concertazione è l’unica carta per tirarci fuori dai guai». Scettico invece Luigi Angeletti (Uil), che parla di «ottimismo infondato» da parte dell’esecutivo: «Anche se la posizione di Passera è condivisibile temiamo non rappresenti la maggioranza all’interno del governo». Anche la Cgil boccia l’ottimismo sia di Passera che di Monti («l’uscita dal tunnel della crisi») precisando che i dati «nostri e di Confindustria dicono il contrario».
La società  del futuro descritta da Passera, in uno dei passaggi più applauditi, è quella che prevede una forte ristrutturazione del settore pubblico — «si può e si deve cambiare per togliere le ragnatele che abbiamo intorno» — individuando i responsabili delle decisioni e anche sanzioni per chi sbaglia. 
Il ministro osserva inoltre che «ci siamo mangiati 500 miliardi di proventi di privatizzazioni, di frequenze e cessione di immobili. Se li avessimo utilizzati bene a quest’ora lo spread era a zero». C’è ancora tempo per augurarsi che l’Ilva «non sia oggetto di decisioni irrimediabili come lo spegnimento» e per l’auspicio che la Fiat «nelle prossime settimane porti un chiarimento a noi e al Paese su quello che intende fare».


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