Spending review, via alla fase due per Comuni, Prefetture e Questure

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 ROMA â€” Riqualificare la spesa e ridefinire il perimetro dello Stato. L’agenda d’autunno del governo Monti torna all’attacco del comparto pubblico e mette in scaletta la fase due della spending review. L’obiettivo dichiarato da Palazzo Chigi è «rendere la Pubblica amministrazione più snella ed efficiente». Quello reale è recuperare risorse per evitare l’aumento dell’Iva dal primo luglio del 2013, la vera priorità  dell’esecutivo.
«La nuova fase di revisione della spesa non riguarderà  solo gli enti locali, ma toccherà  tutti», avverte il ministro dell’Economia Grilli. Nel mirino, dunque, oltre a Regioni, Comuni e Province, anche i ministeri e la macchina dello Stato sul territorio, come prefetture e questure. Si punta a non meno di 3,5 miliardi, poco più della metà  di quanto necessario a sterilizzare l’Iva (altre risorse arriveranno dalla delega fiscale, con il riordino dei 720 bonus esistenti). Cifra che potrebbe salire di 2 miliardi, grazie allo sfoltimento dei contributi pubblici alle imprese, impostato dal piano Giavazzi. Il professore della Bocconi in realtà 
confidava in almeno 10 miliardi, ma pressioni di lobby e una prima revisione del ministero dello Sviluppo, limiteranno l’intervento alle sole agevolazioni regionali. Due miliardi che potrebbero essere dirottati sul sociale (rifinanziamento della Social Card, detrazioni per le famiglie in difficoltà ) e a copertura dei primi punti del pacchetto Passera (start up e agenda digitale).
Di pari passo, si riapre dunque il tavolo sulla spending review. I lavori entreranno nel vivo solo a metà  settembre, quando la nuova fase di tagli e sacrifici finirà  con tutta probabilità  in un “collegato” alla legge di stabilità  (l’ex finanziaria), forse anche sotto forma di decreto legge. Sotto la lente del commissario Bondi ma anche dei ministri Giarda, Patroni Griffi e Grilli – i costi standard degli enti locali, così come promesso dall’ex risanatore di Parmalat, prima della pausa estiva: «A settembre ci sarà  il redde rationem». Una resa dei conti che i Comuni per primi guardano con criticità , non condividendo con Bondi né obiettivo né metodo. L’Anci, ad esempio, contesta il meccanismo “mediana”, caro al commissario. Gli enti spendaccioni che si trovano sopra quel valore di mezzo subiranno tagli ai trasferimenti. Secondo l’associazione, basare i calcoli sui “consumi intermedi” è limitato e fuorviante perché Siope, il sistema informatico del ministero dell’Economia, monitora le sole uscite per cassa. E dunque penalizza i Comuni che dilazionano i pagamenti ad anni successivi. Inoltre, nel calderone
figurano spese essenziali e altre meno, con pesi assai diversi (consulenze, rifiuti, cancelleria, pulizia, manutenzione, utenze, affitti, comunicazione, trasporto pubblico). Solo il personale costa 15,7 miliardi, il 30% delle uscite. Ma è materia bollente, visto che già  la prima
spending review
punta a tagliare 24 mila posti pubblici, di cui 13 mila locali. Ecco perché l’Anci propone di usare i fabbisogni standard, «una fotografia più esatta» delle
criticità . E di impiegare i risparmi ottenuti a riduzione del debito e non con meno trasferimenti centrali.
Poi ci sono le Province. Il loro “riordino” ne farà  sparire 64, soppresse o accorpate. Ma questa operazione, decisa dalla fase uno della
spending review,
si riflette anche nella fase due. Con una coda di tagli di prefetture, questure, ex strutture di Motorizzazione e uffici scolastici. Un alleggerimento da 500 milioni.
Sullo sfondo, il rischio cortocircuito: ricollocare gli esuberi degli statali “centrali” sarà  arduo se le strutture periferiche, che dovrebbero assorbirli, chiudono. I sindacati lo sanno e vigilano con preoccupazione. Infine, i ministeri: molte strutture a loro collegate, enti e istituti, potrebbero saltare. E il metodo “Consip” essere esteso a 60 miliardi di spesa aggredibile nel 2013, dai 50 fissati ora.


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