Le contaminazioni della nuova Lega

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L’esperimento — sono gli stessi leader del Carroccio a usare questo termine — si presenta impegnativo perché da una parte bisognerà  dare corpo a una discontinuità  con le vecchie giaculatorie bossiane e dall’altra evitare che la base possa pensare a una cessione della primogenitura padana in cambio del solito piatto di lenticchie. L’obiettivo finale di Maroni è quello di aggiornare sia l’analisi del territorio e della crisi sia di formulare nuove proposte di intervento. «A un ragazzo che resta disoccupato da anni non possiamo proporre solo di venire a Pontida» è la battuta che fotografa meglio il cambio di approccio.
Anche spulciando nei lavori preparatori dell’appuntamento torinese è possibile scorgere più di qualche elemento di novità . Ad esempio il coinvolgimento nella preparazione del convegno di una società  di consulenza, l’inglese Ernst & Young, una delle big four del settore. Ma soprattutto la presenza sul palco del Lingotto di almeno quattro ospiti esterni del calibro di Corrado Passera, Raffaele Bonanni, Giuseppe Guzzetti e Giorgio Squinzi, nessuno dei quali probabilmente avrebbe mai preso la parola ai tempi del Senatur. La differenza è che se in passato la Lega tendeva a costruirsi in casa le rappresentanze (il sindacato padano, l’associazione dei commercianti padani), ora vuole dialogare e contaminarsi con i soggetti reali, si chiamino essi Confindustria, Rete Imprese Italia o Cisl. Non è poco.
Maroni ha scelto di andare agli Stati Generali senza un documento a tesi ma presenterà  alla platea il suo Manifesto dopo averlo testato nella prima giornata in sei gruppi di lavoro misti dove siederanno, gli uni accanto agli altri, leghisti e non leghisti. Si abbassano dunque i ponti levatoi e la Lega si dichiara pronta a mettersi in gioco con un solo obiettivo irrinunciabile: il Nord e la salvaguardia della vocazione industriale del Paese. Vedremo se l’esperimento funzionerà  e se il nuovo gruppo dirigente leghista riuscirà  a parlare non solo ai «padani ideologici» bensì a tutti coloro che considerano centrale la questione settentrionale. In attesa del manifesto di Maroni qualche traccia sui nuovi orientamenti programmatici della Lega la si può cogliere qua e là . Prendiamo il tema delle banche e del loro salvataggio. I maroniani spingono per la soluzione adottata con la Royal Bank of Scotland, se lo Stato mette i soldi — anche via Tremonti bond — deve diventare azionista, nominare un management autonomo e controllare che la banca (leggi Monte dei Paschi) non faccia mancare il credito alle imprese. Sul caso Marchionne la Lega non milita certo tra i supporter della Fiat e promette di vigilare contro la concessione di qualsiasi tipo di aiuto e incentivo ad hoc. «Se date i soldi alla Fiat dovete darli a tutti». Infine le novità  più interessanti stanno maturando sul tema delle piccole imprese. La Lega sta riconsiderando la sua posizione «museale», orientata alla pura e semplice conservazione dell’esistente. Si comincia, anche se cautamente, a parlare di aggregazioni tra Pmi, di specializzazione produttiva, di innovazione. Per chi ha avuto modo di frequentare le assemblee dei Piccoli la discontinuità  è lampante visto che gli interventi dei rappresentanti del Carroccio finivano sempre per esaltare l’individualismo degli artigiani senza spendere mai una parola a favore delle reti di impresa. Se l’esperimento torinese riuscirà  Maroni affronterà  la campagna elettorale con le mani libere per cercare di recuperare sul terreno del consenso. Perché se è vero che anche laddove i borgomastri leghisti sono stati sostituiti alle ultime amministrative da sindaci Pd non c’è stato travaso di voti dall’uno all’altro campo, oggi il Carroccio deve difendersi da due nuovi concorrenti che possono ambire a influenzare l’elettorato ex-Bossi, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e la nuova formazione politica annunciata da Giulio Tremonti. Non a caso tutti e tre i capi (Maroni, Grillo e Tremonti) nelle ultime settimane si sono contesi, almeno a parole, l’idea del referendum sull’euro. Materia incandescente quanto elettoralmente appetibile.


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