Ancora biogas e biomassa, il “Modello Marche” rovesciato

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Impianti che si andranno aggiungere a quelli già  esistenti, portando ad una quarantina le realtà  attive nella regione. Una scelta contro la quale in questi ultimi mesi si è dispiegata la mobilitazione di decine di comitati, alcuni nuovi altri già  attivi da tempo, per mettere in discussione un progetto che andrà  ad arricchire quella galleria degli orrori rappresentata dalla presenza di impianti, di vario genere, di media e grande dimensione.
Un mese fa di fronte alla diffusa e partecipata protesta dei comitati, arrivata più volte anche dentro l’assemblea consiliare, era sembrato che all’interno della maggioranza che governa in Regione, il “famoso modello Marche”, incentrato sull’asse Pd-Udc con dentro anche l’Idv, si facesse strada un ripensamento. In particolare i mal di pancia di alcuni esponenti dipietristi, avevano aperto un lieve barlume di speranza per cui il solito criterio di mettere le popolazioni locali di fronte al fatto compiuto, lasciasse spazio ad una fase di ascolto e di verifica. Invece alla fine le rimostranze delle aziende interessate alle centrali, il rischio di pagare una salata penale e il richiamo all’ordine del presidente Spacca, hanno rimesso in riga i consiglieri regionali della maggioranza.
Sabato mattina è prevista ad Ancona una manifestazione della rete dei comitati contro le centrali, ma, purtroppo, servirà  a ben poco. Dunque nella varie provincie marchigiane sorgeranno 16 nuovi centrali. C’è chi fa notare che gli impianti si avvarranno dell’utilizzo di scarti provenienti dalle campagne locali, e quindi si ha a che fare con un (presunto) progetto virtuoso. Ma si fa finta di non sapere che una apposita legge regionale ha elevato il tetto massimo della potenza da 250 kw a 1 mw. Quindi con impianti di tale dimensione è sin troppo facile dedurre che il materiale utilizzato sarà  di esportazione, senza il minimo controllo, con l’elevato rischio di bruciare scarti di ogni tipo. Tutt’altra cosa sarebbero micro impianti diffusi nel territorio, ad uso famigliare, con una logica di autogestione energetica.
Anche se in questi anni i cittadini marchigiani hanno potuto ascoltare la parola di autorevoli esperti, Gianni Tamino tanto per fare un nome, che hanno spiegato in affollatissime conferenze organizzate nella varie località , come il criterio di combustione per il trattamento di rifiuti è una pessima cosa e fonte di inquinamento. In sostanza non bisogna bruciare nulla, si ricicla.
In ogni caso la prima fonte di ambiguità  è data dallo stesso Paer, dove insieme al fotovoltaico, trova ampio spazio anche la progettazione di centrali a biomasse. Dunque proprio nel testo che detta le linee delle politiche energetiche regionali, si trovano ambiguità  tali da spalancare la porta a progetti come quello approvato martedì in consiglio regionale. Del resto anche l’utilizzo del fotovoltaico è da tempo oggetto di denunce dei movimenti ambientalisti marchigiani visto che basta fare un giro per le campagne e vedere come intere vallate – di pregio agricolo o pasaggistico – sono ormai coperte da pannelli solari. Anche questo è il “Modello Marche”. Rovesciato.


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