Cercasi soggetto politico per ridare dignità  al lavoro

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TORINO. Il ragazzo con la criniera bionda che parla a nome delle Officine Corsare – qui tra i trecento intervenuti al convegno l’età  media è mediamente alta – strappa l’applauso quando dice che bisogna superare la dicotomia partito/movimento. Per uscire dal Novecento e tornare a farsi ascoltare. E perché non c’è più tempo da perdere – questo lo ripetono tutti – e la prossima primavera potrebbe essere maledetta. Il nodo da sciogliere, per semplificare la due giorni di studio ricca di interventi e suggestioni organizzati dall’ A.L.B.A. (Allenza per il lavoro, i beni comuni, l’ambiente), è questo. Ma essendo piuttosto ingarbugliato, ancora non si sa come uscirne vivi per costruire uno schieramento di sinistra plurale che non ci sta a rinchiudersi nel «montismo» dilagante. Si sa però da dove cominciare. Serve un contenitore, un movimento, forse anche «solo» un partito, capace di riportare al centro della politica il tema del lavoro, la vita calpestata di milioni di persone che stanno perdendo la dignità , la speranza e anche la bussola in vista delle prossime elezioni. La premessa di tutto questo ragionare (dopo i laboratori programmatici di ieri pomeriggio, oggi sono previste almeno cinque ore di discussione) è l’inadeguatezza di tutta questa sinistra che ormai ha smarrito la sua stella polare. La centralità  del lavoro, appunto.
Chi ci sta a ripartire? E come fa «il lavoro» a trovare il modo di essere rappresentato? Domande urgenti, anche perché forse non basta consolarsi sulla ritrovata unità  per la campagna referendaria in difesa dell’articolo 18 (il 12 ottobre comincia la raccolta delle firme). L’ambizione, come spiega Marco Revelli nel suo intervento, dovrebbe essere quella di «immaginare un’alternativa di modello» sapendo che bisogna arrivare alla primavera con una idea condivisa per ridare speranza al lavoro, «una speranza che non esiste dentro il paradigma di questo governo sostenuto dal Pdl e dal Pd». Ma può l’A.L.B.A. candidarsi ad essere un riferimento elettorale? Forse non lo sanno neanche i militanti più convinti – vestiti di tutto punto con le nuove magliette dello «staff» – ma sicuramente qualcuno ci sta pensando di fronte alla desolante offerta dei partiti tradizionali. Il dibattito è aperto. C’è chi sostiene che da qualche parte bisognerà  pur cominciare, anche tentando spericolate incursioni nelle urne, e chi invece teme la vocazione a rinchiudersi in gabbie autoriferite incomprensibili ai più. Unità  modello Syriza o partitino? Questa, detta rozzamente, la discussione che oggi dalle 9,30 vedrà  impegnati Landini, Gallino, Ginsborg, Rinaldini, Pepino, Gianni e altri ancora (al cinema Massimo di via Verdi 18). Ieri, invece, gli interventi hanno approfondito alcune tematiche condivise da tutti. I cosiddetti «punti fermi» (anche se nel chiuso di un convegno tra simili il rischio di parlarsi addosso è sempre in agguato). Mentre, dice qualcuno dello staff, la scommessa da vincere sarebbe farsi ascoltare là  fuori, aggiornare i linguaggi, «fare società  senza giocare solo in difesa». Giorgio Airaudo (Fiom, il sindacato ospite d’onore della due giorni torinese) parla chiaro. «Vogliamo risposte prima delle elezioni, i lavoratori devono utilizzare il loro voto per difendersi, bisogna unificare tutte le iniziative in difesa del lavoro ed è per questo che è sbagliato non indire lo sciopero generale perché servirebbe almeno a rompere la solitudine di tutte le vertenze sul territtorio. Il lavoro deve irrompere nella politica, in qualunque modo e in fretta, anche con azioni corsare». Altro applauso convinto. Roberta Carlini, invece, snocciola i dati di Sbilanciamoci per mettere in luce come le politiche di austerity colpiscano soprattutto le giovani donne. Piero Bevilacqua, in estrema sintesi, individua tre strade per uscire dalla crisi puntando sul lavoro: ripensamento dell’orario di lavoro (lavorare meno), reddito di cittadinanza e riconversione ecologica – tema cruciale per una sinistra moderna declinato anche da Carla Ravaioli, felice per una volta di non vedere «l’ambiente» relegato ai margini della discussione. Alberto Lucarelli punta sulla difesa dei beni comuni chiedendo che vengano inseriti in un patto elettorale per dare rappresentanza politica a una società  civile che smarrita.
Infine, verso sera – dopo i laboratori partecipati sulle imprese recuperate in Argentina e quelle abbandonate in Italia, sulla riconversione ecologica e sul reddito di cittadinanza – Giuliana Beltrame ha moderato una tavola rotonda sul tema «Lavoro di cura e cura del lavoro», perché l’uscita dal Novecento non può prescindere da una nuova riflessione sul femminile.


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