“Enormi somme sottratte al fisco”

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GLIELO volevano dire forse da tempo, i giudici milanesi, e gliel’hanno detto ieri. L’accusa aveva chiesto tre anni e otto mesi, la prima sezione penale gliene ha dati quattro. Perché?
“PERVICACE PER VENT’ANNI”
In sei anni di processo è emersa davanti agli occhi dei giudici quella che chiamano «rilevante gravità  della vicenda criminosa». Una vicenda «caratterizzata da una rilevantissima entità  d’importi sottratti al fisco». Una distrazione di fondi esercitata «in modo pervicace per un periodo durato vent’anni ». Questo sistema, semplice ed efficace, si nascondeva tra paradisi fiscali e società  fantasma: e quel «ruolo di ideatore dai primordi di attività  delittuosa» spetta per i magistrati a Silvio Berlusconi. Con la sua speciale e «naturale capacità  a delinquere – ripetiamo – mostrata nell’esecuzione del disegno criminoso ».
Solo grazie alle attenuanti generiche concesse in tre vecchi processi era sfuggita all’imputato e già  condannato Berlusconi la qualifica di «delinquente abituale ». Oggi è il passare delle stagioni che non perdona. Specie se si è di fronte – questa la frase che risuona nell’aula di giustizia – a «un preciso progetto di evasione che si è esplicato in un arco temporale molto ampio, in un vasto ambito territoriale e con modalità  molto sofisticate». Si lasciano tracce, e a volte le si scoprono.
LA SLEALTà€
«Nemmeno si può ignorare – si legge nelle 90 pagine di motivazioni – la produzione di un’immensa disponibilità  economica all’estero ai danni dello stato e di Mediaset, che ha consentito la concorrenza sleale ai danni delle altre società  del settore». È questa una caratteristica che, dal caso Sme al Lodo Mondadori, accompagna non raramente le imprese imprenditoriali di Berlusconi, prima aiutato dal potere spregiudicato e lungimirante di Bettino Craxi e, dopo Tangentopoli, dalla sua capacità  di giocare su tutti i tavoli in proprio: editore, magnate, premier, politico.
LA “DISCESA IN CAMPO”
Il caso Ruby Rubacuori e le feste di Arcore, con intercettazioni e verbali di confessioni varie, hanno più recentemente dimostrato la difficoltà  dell’imputato Berlusconi a discernere tra sfera pubblica e sfera privata. Ma anche in questo processo Mediaset, mai mollato dal sostituto procuratore Fabio De Pasquale, è venuto a galla che Berlusconi «gestiva il sistema anche dopo la discesa in campo» nella politica. Gli veniva facile, per i contatti diretti con le persone coinvolte, a cominciare dal vecchio amico Faruk (detto Frank) Agrama.
È Berlusconi che «resta sempre al vertice » delle manipolazioni dei conti ed «è inverosimile che qualsiasi dirigente Mediaset abbia congegnato tale sistema e che la società  abbia subito per 20 anni danni da milioni di euro». Era sempre Berlusconi che «conoscendo perfettamente il meccanismo, ha consentito che tutto proseguisse inalterato, mantenendo nelle posizioni strategiche le persone da lui scelte». E in questo modo s’è procurato i fondi neri e ha frodato il fisco sino agli anni 2002 e 2003
(per il 2001 il reato è prescritto).
CONFALONIERI ASSOLTO
Per farsi sorprendere da queste parole poco diplomatiche sull’evasore fiscale ed ex premier, bisogna essere – e va detto con chiarezza – o molto berlusconiani, o molto smemorati. Fedele Confalonieri è il cervello di Mediaset e tra gli storici compagni di ventura di Berlusconi è l’unico l’unico – ad essere stato (di nuovo) assolto. Il braccio finanziario ed ex segretario Marcello Dell’Utri si dibatte tra soldi spariti e accuse pesantissime di mafia. È stato condannato l’avvocatone Cesare Previti per i suoi maneggi con la magistratura corrotta. Pure il fratello minore Paolo ha avuto non pochi guai giudiziari. Ma lui, Silvio, il ragazzo nato nel quartiere popolare dell’Isola e diventato ricchissimo, il dominus, il burattinaio di questi e di altri condannati di Mediaset e dintorni, sinora s’era sempre messo in salvo. Perché non aveva fatto nulla di male? Oppure perché era riuscito a «proteggersi» dalle condanne facendo persino cambiare dal parlamento reati, leggi, procedure?
“EVASIONE NOTEVOLISSIMA”
Esisteva un conto corrente, «Northern Holding», gestito da uno dei prestanome di Craxi. Su quel conto tanti imprenditori
italiani versavano oboli milionari. C’è però un triplice versamento senza nome e firma, nell’ottobre 1991. Quindici miliardi. Vengono dal conto «All Iberian» della Sbs di Lugano. Si scoprirà  molto tempo dopo Tangentopoli che quel conto appartiene certamente a una delle società  che per Berlusconi ha creato l’avvocato londinese David Mackenzie Mills, al «gruppo B di Fininvest very secret». Parte da lontano, dunque, questo sistema «fraudolento», privo di «una logica commerciale». Infatti, scrivono i giudici, «i prezzi hanno subito dei rincari non giustificati», ma utili a realizzare «una evasione notevolissima ». E non è casuale che i vertici della società  ancora oggi non riconoscano «l’illiceità  di quanto accertato». Parla il giudice Edoardo d’Avossa, piovono parole come pietre: sembra che gli ombrelli giudiziari non si aprono più a proteggere questo ex leader di 76 anni, questo imprenditore che si era fatto premier, ed era riuscito a correre più veloce delle leggi.


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