Nuove regole contro i corrotti Il governo pensa alla fiducia

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ROMA — Anche se tutti i partiti dicono di essere d’accordo sulle tre correzioni proposte dal ministro della Giustizia Paola Severino, il governo non esclude di ricorrere alla fiducia «tecnica» sul ddl anticorruzione: un passo forse necessario, è la linea che sta passando a Palazzo Chigi, per evitare in aula al Senato, dove Pdl e Lega hanno pur sempre la maggioranza, qualche colpo di mano. Magari con il voto segreto.
Da giorni, molte forze politiche chiedono di far presto per introdurre le nuove regole contro i corrotti (norme di prevenzione, innalzamento delle pene minime e massime e nuovi reati): in prima fila ci sono Pier Luigi Bersani (Pd) e Pier Ferdinando Casini (Udc) e ora anche Antonio Di Pietro, pur valutando il testo un «bicchierino d’acqua», annuncia che l’Idv voterà  comunque la fiducia. Resta da capire se il Pdl, che pure giudica «positivo l’intervento del ministro», avanzerà  altre richieste dopo aver ottenuto una decisa cura dimagrante per i nuovi reati di traffico di influenze illecite e di corruzione tra privati. Per il capogruppo Maurizio Gasparri, «i tre emendamenti del governo precludono quelli del Pdl (che non sono stati ancora ritirati, ndr)… Semmai qualche correzione potrebbe arrivare dai subemendamenti».
Davanti a un Pdl soddisfatto ma ancora incerto, Bersani ha invitato il premier Mario Monti a non avere incertezze: «La legge anticorruzione va approvata, non lasciata in stand by, e magari poi andrà  anche estesa… Il governo è ricorso fin qui 40-45 volte al voto di fiducia, anche per cose molto minori….». Il Pd, allora, sarebbe anche disposto a mandare giù la nuova formulazione del reato di traffico di influenze (con pena da 1 a tre anni di reclusione) che, nell’ultima versione del ministro, limita la condotte illecite ai mediatori-lobbisti pagati per convincere un pubblico ufficiale «a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio». Anche Aldo Biagio (Fli) apprezza i «passi in avanti fatti dal ministro» pur continuando lo sciopero della fame che si concluderà  solo con l’approvazione della legge.
Eppure, al di là  delle schermaglie sugli ultimi subemendamenti, al Senato e poi alla Camera la tempistica dell’approvazione del ddl Alfano (presentato dal governo Berlusconi nella primavera del 2010) rischia di creare un mucchio di problemi alla credibilità  dei partiti. Dopo l’appello del capo dello Stato, che appena due giorni fa ha sollecitato una riscossa morale dopo gli ultimi scandali, sarebbe imbarazzante un ritardo per le nuove regole sulla incandidabilità  dei condannati a pene superiori ai due anni per delitti non colposi e per tutti i reati contro al pubblica amministrazione. Il pericolo, infatti, è quello di non fare in tempo anche per le elezioni politiche del 2013 oltre che per quelle nel Lazio: quella contenuta nel ddl anticorruzione, infatti, non è una norma prescrittiva sull’incandidabilità  ma una delega al governo.
Un calendario provvisorio prevede che, al Senato, la legge abbia il via libera delle commissioni già  martedì per poi approdare in aula mercoledì. Poi il quarto passaggio alla Camera, la promulgazione e la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale potrebbero portar via buona parte del mese di novembre. Solo a quel punto, dunque, il governo potrebbe metter mano al decreto legislativo che al massimo entro 60 giorni verrebbe sottoposto al parere delle commissioni parlamentari. Fatti un po’ di conti, il tempo per il governo è poco. Anche perché le nuove regole sull’incandidabilità  dei condannati devono essere pronte con largo anticipo sulla data delle elezioni visto che le liste si presentano anche più di 45 giorni prima del voto. Il compito di confezionare uno schema di decreto al buio ce l’ha il prefetto Bruno Frattasi, direttore dell’ufficio affari legislativi del ministero dell’Interno, che dovrà  coordinarsi con l’ufficio legislativo della Giustizia (privo però di un capo dopo l’elezione di Augusta Iannini alla Privacy).
Insomma, come avverte Donatella Ferranti del Pd, il governo dovrebbe preparare per tempo il decreto legislativo sull’incandidabilità  dei condannati. In modo da tirarlo fuori dal cassetto il giorno dopo l’approvazione del ddl anticorruzione».


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