La Sicilia a Crocetta Balzo dei Cinque Stelle

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PALERMO — Ha votato un siciliano su due. E alla fine ha vinto, con 5 punti di distacco sul candidato della destra, il presidente progressista Rosario Crocetta che porta a Palazzo d’Orleans la priorità  della lotta alla mafia.
Ma la sua maggioranza — Pd e Udc, partiti uniti nel laboratorio siciliano guardando al governo nazionale — per ora non ha sulla carta i numeri all’Assemblea regionale per governare da sola. Così il neoeletto governatore, adesso, non potrà  ignorare il Movimento Cinque Stelle che è il primo partito della Sicilia dopo aver ottenuto una strepitosa affermazione in particolare nella città  di Palermo.
Beppe Grillo già  ha fatto sapere che non scenderà  a patti, però Crocetta replica: «Non farò inciuci, chiederò i voti sui singoli provvedimenti».
Il dato più sconcertante di queste elezioni regionali siciliane è quello dell’astensione che supera il 50% e fa registrare un’affluenza in calo di 19 punti rispetto al 2008. Domenica scorsa ha votato il 47,42% degli aventi diritto con punte di non voto ad Agrigento, Caltanissetta ed Enna dove si sono recati alle urne 4 elettori su 10.
Rosario Crocetta (ex sindaco di Gela e poi eurodeputato del Pd) si è imposto con il 30,5% dei consensi, che corrisponde a 617.073 voti, grazie al sostegno di tre liste: il Partito democratico (13,4%), la lista Crocetta (6,2%) e l’Udc (10,8%). In totale la coalizione di Crocetta porta all’Assemblea regionale 30 deputati eletti, 8 del listino (premio di maggioranza) e dunque sfiora quota 40 senza però raggiungere i 46 voti necessari per far passare i provvedimenti nel plenum di 90 componenti.
«Chiederemo di volta in volta a chi ci sta per fare buone leggi come quella che cancella le consulenze e azzera i direttori generali con stipendi da centinaia di migliaia di euro», azzarda Crocetta corteggiando i grillini e, perché no, anche i 10 consiglieri del governatore Raffaele Lombardo del quale il Pd è stato alleato fino all’altro ieri. I riflettori, tuttavia, ora sono puntati sui grillini che fanno registrare un successo strepitoso: il candidato presidente del M5S, Giancarlo Cancelleri, prende il 18,17% (368.006 voti) mentre la lista porta a casa un 14,9% che corrisponde a 285.202 voti e a 15 seggi all’Ars. Il M5S è andato molto bene a Palermo, città  dove da tempo opera un gruppo di giovanissimi tra i quali spicca lo studente in Medicina Francesco Lupo che sbarca a Palazzo d’Orleans.
La sinistra riformista del Pd ha vinto assieme ai centristi dell’Udc mentre l’alleato di Bersani a livello nazionale, Sel di Nichi Vendola, ha scelto di correre da sola e come l’Idv di Di Pietro non supera lo sbarramento del 5%. Resta fuori dall’Ars anche Fli che pure schierava un assessore, Aricò, della giunta uscente.
Il disastro combinato dal Pdl ha fatto fermare il candidato Nello Musumeci (chiesto in prestito alla Destra di Storace) al 25,7%. Il Pdl piomba al 12,9% (247.351 voti) dimezzando il risultato elettorale del 2008, mentre la lista Musumeci ottiene il 5,6% e il Cantiere popolare di Saverio Romano il 5,9% (112.169 voti per l’ex ministro di Berlusconi). In totale, il centrodestra schiera all’opposizione 20 deputati.
Tutto questo è successo anche perché — nonostante l’avversione di Renato Schifani e di Angelino Alfano — i dirigenti locali del Pdl hanno detto no all’alleanza con Gianfranco Micciché che ha fatto la sua corsa solitaria assieme all’Mpa del governatore uscente Raffaele Lombardo e a Fli: Micciché, ex pupillo di Berlusconi, ha ricevuto il 15,4% dei consensi (312.112 voti) con una buona spinta ottenuta a Messina dal deputato nazionale Francesco Stagno D’Alcontres (ex Pdl). Il partito di Micciché, Grande Sud, ottiene 5 seggi la metà  di quelli incassati da Lombardo.
Nella corsa delle preferenze, oltre all’exploit del grillino Cancelleri, va registrata l’affermazione di Ferrandelli (indipendente nel Pd appoggiato da Carlo Vizzini, vincitore alle primarie per il Comune di Palermo poi «annullate» da Orlando), del segretario regionale del Pd Lupo e del capogruppo uscente del Pd Cracolici. Tra i democratici non ce l’avrebbe fatta Davide Faraone, uno dei candidati sponsorizzati da Matteo Renzi in Sicilia.
Dino Martirano


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