Manicomi-lager, la beffa di Monti

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Il 31 marzo 2013 è la data fissata per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Ma questa vergogna italiana è ben lontana dall’essere risolta.

Nel 2011 una commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale, composta da venti senatori e capeggiata dal medico Pd Ignazio Marino, denunciavacon una videoinchiesta la condizione incivile negli Opg. I nuovi manicomi criminali. Sei i centri presenti nel Paese: Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Napoli, Montelupo Fiorentino (Firenze), Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere (Mantova). Erano 1500 i cosiddetti “sofferenti psichici autori di reato” rinchiusi.

«Una realtà  in cui si dovrebbe curare l’infermità  mentale, ma l’assistenza medica viene garantita da un infermiere ogni 25-30 internati e l’assistenza psichiatrica è assicurata per trenta minuti al mese; dove stanze da quattro ospitano nove internati su letti a castello, condizione che è stata definita ‘tortura’ dal Consiglio d’Europa», denuncia Marino.

A parte Castiglione, la commissione aveva osservato strutture vecchie, inadeguate ed in condizioni igieniche precarie. Con la vivibilità  interna al collasso. La disperazione aveva portato ad atti di autolesionismo e tentati suicidi. Poi lo scandalo della “contenzione fisica”: internati con mani e piedi legati al letto con una cinghia di cuoio. Al centro una fessura per i bisogni. Così per ore, a volte per giorni.

Lo scorso febbraio, l’approvazione di una legge per il “superamento degli Opg”. Un provvedimento – inserito nel decreto carceri – che ha fissato la chiusura entro il 31 marzo 2013 degli attuali sei centri e l’apertura di ministrutture regionali da 20 posti letto dotate dell’attrezzatura necessaria per l’assistenza ai pazienti, con infermieri, medici, psichiatri ed esperti di riabilitazione. Una riforma – si legge nella legge 9/2012 – che ha stanziato 180 milioni per la costruzione delle nuove strutture e 38 milioni nel 2012 e 55 milioni dal 2013 per l’assistenza alternativa all’Opg.

Un modo per far uscire quei “ristretti” a vita: quasi 400 i detenuti non considerati più socialmente pericolosi ma rinchiusi per la mancanza di strutture di sostegno all’esterno. Una sorta, per loro, di ergastolo bianco.

A otto mesi dalla legge, poco è stato fatto. Il numero degli internati rimane invariato e nelle strutture si continua a morire: l’ultimo caso lo scorso 2 ottobre a Reggio Emilia.

Una rete di associazioni – da Antigone a Cgil, Psichiatria democratica e molte altre ?€“ ha lanciato la campagna StopOpg per denunciare la mancata applicazione del provvedimento, fino a paventare il rischio dell’apertura di “nuovi manicomi”.

Tanti i nodi sospesi. A partire dalla mancata copertura finanziaria. La legge 9/2012 si basa sul principio della detenzione come extrema ratio (come stabilito da due sentenze della Corte Costituzionale) e su un progetto di vera assistenza medica regionale capace di supportare (ed reinserire) i soggetti ritenuti socialmente pericolosi.

Al momento i fondi non sono disponibili perché il ministro della Sanità , Renato Balduzzi, nonostante i proclami per la chiusura degli Opg, non ha ancora firmato i decreti attuativi. Se i decreti non vedessero la luce entro il 31 dicembre 2012, i fondi stanziati ritornerebbero in bilancio. Un timore percepito dalla stessa commissione che ha inviato una lettera al presidente Mario Monti per chiedere di sbloccare l’impasse.

Pochissime inoltre le Regioni che si stanno adoperando per la nuova ministruttura regionale: al Lazio della ormai ex governatrice Renata Polverini la maglia nera. Per lo psichiatra Giuseppe Nese ormai rispettare il termine del 31 marzo 2013 è “impossibile”. Qualche caso positivo c’è (nell’Opg di Aversa, ad esempio, si è passati da 320 a 169 internati, quasi la metà  inserita in percorsi terapeutici del SSN) ma in altre strutture si è addirittura peggiorato, come a Barcellona Pozzo di Gotto.

Spiega Dario Stefano Dell’Aquila, autore di un libro inchiesta sugli Opg, che il sistema delle strutture residenziali per sofferenti psichici è in larga parte del Paese affidato a gestori privati. «Le tariffe corrisposte», dice, «superano i 100 euro al giorno per paziente, insomma c’è il serio rischio che chi entra in questi posti non ne esca più perché si trasforma in una facile rendita».

Altra questione irrisolta: mentre in carcere la pena è certa e ha un termine, la detenzione negli Opg è prorogabile. Sta alla magistratura di sorveglianza giudicare, in base alle perizie dei medici, la riabilitazione dell’internato. La commissione parlamentare sta lavorando per una legge ispirata al modello spagnolo: il trattenimento negli Opg non può superare la pena prevista per la stessa violazione in carcere. Difficile però che passi (siamo a fine legislatura) così come è del tutto improbabile che si arrivi davvero al “superamento” degli Opg.


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