MAX E IL DESTINO DEL MOLOCH

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E beati, si capisce, i partiti che nella loro modesta routine, tra un qualunque caso Penati e un dibattito sul Provincellum, non hanno bisogno di questa divinità  arcaica che ispira in egual misura terrore e venerazione, odio ed orgoglio, sollievo, ulcera, euforia ed emicrania. Creatura mitica, il Leader Maximo, legata al sacrificio di bambini nel fuoco, ma pur sempre un dio, anzi l’ultimo dio capace di infuocare e abbagliare con il suo fastidioso coraggio e la capricciosa dignità  di combattente quel che resta delle ormai disperse moltitudini del Pd. L’«inaffondabile calamitoso» (Cordero) che «irradia un’antipatia fulminante». L’amato Scorpione dal pungiglione compulsivo, il Divoratore dei peggiori rivali intestini, l’Arcano della Vittoria nello Zodiaco nero.
E qui, pure alla svelta, tocca scendere dal mondo un po’ pazzo dei miti, dei simboli e delle più vane e spropositate fantasticherie per chiedersi dunque: resiste, D’Alema? Oppure se ne va? Sta per farla pagare a Bersani che non l’ha coperto? O magari è pronto a tagliare la corda dal Parlamento trattando il suo futuro? Boh.
Lo spot di Renzi l’ha rianimato, ma la rinuncia di Veltroni l’ha un po’ messo nei guai. L’ultimo atto ufficiale è una sottoscrizione-monstre che dal Mezzogiorno, dove il bersanismo non ha mai attecchito, chiede a furor di quadri e amministratori la sua riconferma. Ma anche senza quelle firme è come se dicesse: io sono qui. Certo lascia chiaramente intendere di aver capito che la partita si gioca intorno alla sua sorte. E non è per buttarla in epica, però al dunque gli si adatta un verso dell’Orlando Furioso (testo pur sempre di scuola: Togliatti lo leggeva con la Iotti): «Vien pur innanzi e fa l’orecchia sorda».
Del resto, non è facile valutare le mosse dei leader che si ispirano direttamente a Machiavelli. E spesso, occorre aggiungere, si imbrogliano da soli e cadono nei pozzi che essi stessi hanno scavato, di solito per mancanza di cuore ed eccesso di politicismo (vedi la Bicamerale, vedi il governo, vedi l’esibizione di tratti del carattere e di scarpe, barche, cani, cuochi e primati enologici).
Ma certo il grumo d’incertezza che oscura il cielo del Pd ha troppo a che fare con D’Alema perché si possa tralasciare la sua tignosa vocazione a battersi e la sua annosa real-politik; l’orgoglio e la supponenza; la lucida visione internazionale e gli impicci della sanità  pugliese, i contatti con gli statisti europei e quelli con gli amichetti cattivi che ricorrono con qualche frequenza negli scandali; la degnazione con cui risponde alle domande dei giornalisti e la foto della partigiana centenaria Elide Cenacchi, nome di battaglia «Maria», che posa la mano ossuta su quella di D’Alema, venuto a Cervia per darle una medaglia e un diploma. Ora fa pensare che gli antichi collaboratori, in pratica tutti i Lothar di Palazzo Chigi, i Velardi, i Rondolino, i La Torre, parlino oggi piuttosto male di lui. E seppure nel mondo del potere queste sono cose del tutto normali, di sicuro non è normale che attorno a una persona finiscano per calamitarsi sentimenti inconciliabili e passioni così opposte; così come non è affatto scontato che la vicenda pubblica si fermi quasi ad aspettare una lotta finale, una resistenza disperata e una caduta, alla fine.
O almeno per pochi altri leader si è avvertito questo senso di attesa e in fondo anche di smarrimento: per Fanfani, forse, in tempi ormai molto remoti; più di recente per Craxi e per Andreotti, e neanche un anno fa per Berlusconi.
Né suoni troppo bizzarro, con quanto il caravanserraglio del potere ha abituato e obbligato le cronache ad occuparsi, che negli spettacolini di corte, fra tutti i leader del pianeta che il Cavaliere voleva fossero imitati con maschere dalle sue graziose ospiti, l’unico italiano fosse – ebbene sì – Massimo D’Alema. Per la gentile interpretazione di una brasiliana, Lynsay Barizonte. E di nuovo qui, sulla soglia di un immaginario entro cui addirittura vanno a fondersi le differenze di genere, ci si ferma, pure un po’ intimiditi. Moloch, del resto, è Moloch – e per quanto potente la rottamazione impressiona meno della mitologia.


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