“Mi fa paura l’autoritarismo del movimento di Grillo”

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«A me fanno paura le formazioni politiche o i partiti, diciamo così, personali, perché hanno in sé una quota di autoritarismo, di non costruzione dell’interesse collettivo. L’ho pensato e lo penso del berlusconismo, e lo penso ora di Beppe Grillo. Paradossalmente, lo penserei anche di Sinistra e Libertà  nel momento in cui diventasse un raggruppamento costruito attorno al nome di Vendola e non una vera organizzazione. Anche nell’Italia dei Valori è presente, almeno in parte, questo problema. Purtroppo esistono anche esiti pessimi, come dimostra la Lega Nord, quando le generazioni successive sono già  indicate, quando ci sono i discendenti del capo. Ovvero quando si ha un’idea della politica come luogo del proprio potere personale anziché come luogo di rappresentanza. Nel movimento di Grillo intravedo già  alcuni fenomeni di questo tipo, di un’organizzazione considerata come proprietà  personale del leader. Va detto tuttavia che Grillo è sicuramente un innovatore: il modello che ha costruito (sempreché lo rispetti), e cioè l’organizzazione aperta sulla Rete, il fatto di non andare in televisione (non so se per scelta o per obbligo) suggerisce un’idea nuova. Fa capire che forse non c’è un solo modo di fare politica, tutto molto formalizzato e virtuale (la tv), ma che si può usare l’informatica in maniera diversa. Anche se la Rete è anch’essa una realtà  virtuale: in teoria è interattiva, poi non so quanto lo sia davvero».
Nelle ultime esperienze, Internet serve molto più a sfogarsi che a interagire con gli altri. Spesso quello che emerge è il peggio delle persone.
«Talvolta è così. In partenza è un modello che può essere anche interattivo; poi succede che siccome Internet è una forma di anonimato diffuso, vale il fatto ben noto da sempre che nelle lettere anonime la gente non dà  il meglio di sé. Però usare la Rete per organizzare l’attività  politica è sicuramente un’innovazione importante; ha risposto a una spinta che indubitabilmente esisteva. La sua fortuna è l’autoreferenzialità  del sistema politico, così è facile apparire vicini alle persone, comunicare con loro. Su questa base, Grillo fa poi un’operazione di rottamazione violenta, ed io non sono affatto convinta che la rottamazione di per sé sia un valore. Per quel che vedo, Grillo non ha un’idea del Paese, non la comunica; la sua idea, per quanto è dato capire, è che si deve buttare via tutto. Secondo lui, nulla di ciò che è stato fatto è degno di essere salvato. Questo modo di pensare mi lascia quantomeno perplessa, perché in fondo se siamo qua… Certo, l’Italia ha tanti problemi, ma siamo diventati anche un grande Paese, abbiamo tante risorse, idee, cultura. Prendere tutto e buttarlo dalla finestra insegue la logica della contestazione per il gusto di protestare; ti consente anche di non dire cosa vuoi fare tu. Gridare che tutti fanno schifo fa molta audience, non c’è dubbio, raccoglie un sentimento popolare, ma poi? Se è vero che l’elezione del sindaco di un Comune disastrato da tante vicende di malgoverno come Parma si è giocata sulla questione dell’inceneritore, e l’ha vinta chi dice che l’inceneritore è la morte, ho seri dubbi che solamente su questo si possa costruire un’altra politica».
Spesso il «fanno tutti schifo» si lega al rifiuto di qualsiasi novità : non si deve costruire nulla, nemmeno le pale eoliche, stiamo bene così. Sui blog dell’antipolitica, siparlapocodisindacato, ma se si fa una ricerca sul nome di Susanna Camusso, si trovano soprattutto insulti perché ha detto sì alla Tav.
«La Cgil, nel suo congresso, ha detto sì alla Torino-Lione con il discernimento che ha sempre cercato di avere. Ci accusano di aver ceduto soltanto perché crea posti di lavoro. Ma non è affatto vero che qualunque opera pubblica ci vada bene. Per esempio, ci siamo opposti al ponte sullo Stretto di Messina. Non condividiamo invece l’idea che qualunque opera pubblica, siccome può essere frutto di corruzione, può avere gli appalti truccati, spende denaro pubblico, o potrà  provocare in futuro impatti ambientali oggi imprevedibili, allora no, non si deve fare mai. Che idea di Paese ne viene fuori? Dove vogliamo andare? Qual è la struttura del Paese che si immagina? ».


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