Uccise a coltellate l’ex marito stalker, assolta

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ROMA — Il pubblico ministero, una donna, allo stalking non aveva dato molto peso e aveva chiesto l’ergastolo per omicidio premeditato. La III Corte d’Assise di Roma, presieduta da un altro magistrato donna, invece allo stalking ha creduto e ha emesso una sentenza di assoluzione «per avere agito in stato di legittima difesa». Il nero e il bianco. Una pronuncia importante quella di ieri nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, che arriva a pochi giorni dall’ennesimo omicidio, a Palermo, per un amore “malato”. Ad essere assolta è stata una donna romana che per anni aveva subìto angherie di ogni sorta dall’ex marito e che in occasione di un’ultima lite lo aveva ucciso.
I fatti risalgono al 24 febbraio 2004. Luciana Cristallo, l’imputata, era accusata di essere la fredda artefice di un omicidio in cui lo stalking era letto come una causa di odio più che come un motivo di terrore. Un disegno criminale, secondo il pubblico ministero Elisabetta Ceniccola, ordito dalla donna assieme al suo nuovo compagno, il commercialista Fabrizio Rubini, e che prevedeva prima un perfido invito a cena, a casa della donna, e poi l’aggressione del marito — che da persecutore diventava vittima — a colpi di coltello.
In effetti i colpi di coltello ci furono, dodici, di cui quattro più gravi. E a terra cadde Domenico Bruno, un imprenditore calabrese di 45 anni, che Luciana Cristallo aveva sposato ventidue anni prima e dal quale aveva avuto quattro figli. Ma la dinamica raccontata dalla difesa è stata differente: lui quella sera di otto anni fa, le stringeva le mani al collo; lo aveva già  fatto alcuni mesi prima, di tentare di soffocarla, tanto che lei fu ricoverata in ospedale per «schiacciamento delle vertebre cervicali anteriori », fu scritto nel referto. Anche quella sera voleva ammazzarla, dopo averle reso la vita impossibile per anni, dopo averla psicologicamente annullata con pedinamenti, botte, con quel suo amore ossessivo e malato che non accettava la fine del rapporto e le impediva di ricostruirsi una vita. A casa della donna si era presentato per chiederle di ritirare l’ultima querela che lei aveva sporto contro di lui e che lo vedeva indagato per lesioni e percosse. Altre volte l’ex moglie aveva ritirato le denunce, per amore dei figli. Quella sera disse no.
E mentre lui tentava di soffocarla Luciana Cristalli è riuscita ad afferrare un coltello («peraltro il più piccolo che era in cucina» ha ribadito ieri nella sua arringa in aula il difensore dell’imputata, l’avvocato Giovanni Sabatelli smontando così la tesi della premeditazione) e lo ha colpito, fino a farlo morire. Poi ha chiamato Fabrizio Rubini (pure lui ieri assolto «per non aver commesso il fatto»), hanno avvolto il cadavere in un tappeto e insieme lo hanno gettato nel Tevere, zavorrandolo con due pesi da sub.
La corrente ha trascinato il corpo di Bruno fino al bagnasciuga di una spiaggia di Ostia, era il 27 febbraio del 2004, tre giorni dopo il delitto. I carabinieri iniziarono le indagini che potarono in capo a due mesi alla verità  e che ieri ha avuto il suggello della Corte d’assise con l’assoluzione.


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