Assicurazioni e nuova geografia dei servizi

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MILANO — I timori del premier Mario Monti sulla tenuta del sistema sanitario si innestano su una situazione di crisi ben conosciuta dai cittadini. Già  oggi il bisogno di cure della popolazione è più alto di quello che lo Stato è in grado di finanziare. Solo nell’ultimo anno gli italiani, per curarsi, hanno speso 36 miliardi di euro di tasca propria per visite mediche ed esami che il servizio sanitario non era in grado di offrire in tempi e modi utili. È il dato contenuto in uno studio del Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) dell’Università  Bocconi. «Le risorse non sono sufficienti — spiega il ricercatore del Cergas Francesco Longo, autore della ricerca «Investimenti nei servizi per la salute e crescita economica» —. Il sistema sanitario italiano riesce a offrire cure gratuite ai cittadini per il 75% della richiesta di salute. In Europa la media delle prestazioni ottenute dalla popolazione senza pagare è dell’85%. Il resto viene pagato out of pocket (alla lettera, prendendo i soldi dalla tasca, ndr)».
Conti a rischio (anche in famiglia)
Il problema dell’Italia è che i 106 miliardi e rotti di soldi pubblici destinati alla sanità  sono il massimo disponibile: di più le finanze dello Stato non sono in grado di sostenere. «Non è vero che la nostra spesa sanitaria è troppo elevata — sottolinea Longo —. Per ogni 100 euro di Pil, per le cure ai cittadini a livello italiano ne vengono investiti 7,3 (contro una media europea dell’8,2). Il nostro è un sistema sanitario che spende poco e non può spendere di più. È il motivo per cui il bisogno di cure è superiore all’offerta che lo Stato può finanziare».
Così, in media, ogni cittadino tira fuori di tasca propria 611 euro l’anno. La maggior parte (54,6%) se ne va per le visite specialistiche, soprattutto dal dentista, il ginecologo, il dermatologo, l’oculista e l’ortopedico. Risultano out of pocket anche il 18,2% degli esami medici e il 40,2% delle sedute di riabilitazione.
Ma perché bisogna pagare, se i livelli essenziali di assistenza (Lea) sono garantiti dal servizio sanitario per legge a tutti i cittadini? «La popolazione ha i livelli essenziali di assistenza garantiti sulla carta — dice Longo —, ma gli ospedali spesso non hanno soldi sufficienti per offrire le cure richieste in tempi ragionevoli. E, là  dove ci sono le liste d’attesa troppo lunghe, scatta l’esigenza dei malati di pagare visite ed esami. Il tutto anche a costo di grandi sforzi economici, che mettono a rischio la tenuta del bilancio familiare».
Magre consolazioni
Più grave è la malattia, però, meno i cittadini pagano. È questa ancora la forza del sistema sanitario italiano. «Le limitate risorse a disposizione sono investite, giustamente, per salvaguardare al massimo le cure salvavita — chiarisce Longo —. La sfida adesso è di mantenere almeno questo livello anche per il futuro».
Insomma: vanno individuate, come ha sostenuto ieri il premier Mario Monti, forme di finanziamento integrative? È necessaria una redistribuzione dei costi tra il sistema sanitario e le assicurazioni private? «La geografia dell’offerta sanitaria è destinata a cambiare radicalmente, con la chiusura dei piccoli ospedali, l’apertura di mega poliambulatori specialistici e l’aumento dei posti letto per i malati cronici — precisa Longo —. Ma andranno studiati anche meccanismi assicurativi in grado di fare da stampella al servizio sanitario». Attualmente le visite specialistiche e gli esami medici rimborsati (in parte o totalmente) dalle assicurazioni sono solo il 2,7%. «Si possono studiare anche fondi integrativi pubblici oppure legati alle imprese — spiega Longo —. L’importante è evitare l’effetto Far West».
Spending review (per la corruzione)
Gli ospedali a corto di soldi rischiano il collasso e i cittadini tamponano le pecche del servizio sanitario a proprie spese. Mentre il futuro appare tutto da disegnare. «Ma gli obiettivi di stabilità  della spesa sanitaria non possono essere pienamente raggiunti senza una gestione della sanità  improntata sempre più alla legalità  â€” denuncia Antonio Cattaneo, alla guida dell’unità  Forensic Services di Deloitte, tra i massimi esperti in tema di frode e corruzione nel settore sanitario —. Bisogna assicurare sistemi di controllo idonei a monitorare e segnalare tutte le anomalie che generano costi impropri imputabili a frode, corruzione e infiltrazioni della criminalità  organizzata». È necessaria, anche qui, una spending review.


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