Il governatore ai Riva «State tranquilli Non mi sono defilato»

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TARANTO — Il governatore Nichi Vendola, il sindaco di Taranto Ippazio Stefà no, il presidente della Provincia Gianni Florido, il parlamentare pd Ludovico Vico e la famiglia Riva. E poi dirigenti regionali, giornalisti locali, un agente della Digos, un funzionario del ministero dell’Ambiente… Nella nuova ordinanza del giudice delle indagini preliminari Patrizia Todisco non c’è nessuno che possa dirsi al riparo. Le carte, soprattutto le intercettazioni, portano guai a tutti, anche ai non indagati.
Le «pressioni» del governatore pugliese
Del presidente della Regione (non indagato) il giudice descrive le «pressioni» per «far fuori» il direttore generale dell’Arpa Puglia Giorgio Assennato. Si tratta soprattutto di incontri, contatti e accordi con Girolamo Archinà  (l’uomo delle relazioni istituzionali dell’Ilva) per «sconfessare» i lavori anti-Ilva di Assennato. Parlando di quelle pressioni il giudice scrive che «il tutto si è svolto sotto l’attenta regia del presidente Vendola e del suo capo di Gabinetto avvocato Francesco Manna». È quasi sempre Archinà  a parlare del governatore e delle sue iniziative per «distruggere» Assennato. C’è una sola telefonata diretta fra Archinà  e Vendola nella quale il presidente «afferma chiaramente di non voler rinunciare all’Ilva», come dice il gip. E tornato da un viaggio in Cina chiede ad Archinà  che dica al patron dello stabilimento Emilio Riva: «Mettiamo subito in agenda un incontro». Vuole che lo rassicuri: «State tranquilli, non è che mi sono scordato(…). Non mi sono defilato». Anche Fabio Riva, figlio di Emilio e vicepresidente della «Riva Fire» è convinto che «Vendola ad Archinà  gli vuole bene», stando a una conversazione fra lui e il suo avvocato, Francesco Perli.
I tumori e il «sistema» Archinà 
Archinà , l’ex uomo istituzionale dell’Ilva da ieri in carcere, è il perno di tutto anche in quest’ordinanza, come in quella di fine luglio con la quale finirono agli arresti domiciliari Emilio Riva e suo figlio Nicola (lo sono ancora oggi). Lo è soprattutto perché negli anni ha messo in piedi contatti capillari con la politica (locale e non), i sindacati, la stampa (uno dei suoi interlocutori sulle vicissitudini Ilva è stato per esempio il presidente della provincia Gianni Florido). Dice il gip: «La sua rete di relazioni, che gli consentiva anche insabbiamenti, aveva un unico filo conduttore, quello di far sì che le iniziative istituzionali in materia ambientale non nuocessero all’Ilva». In una telefonata Emilio Riva gli dice «Archinà , lei è il maestro degli insabbiamenti». Mentre è suo figlio Fabio ad avere un colloquio che gli inquirenti definiscono «veramente illuminante su quelli che erano gli effettivi intendimenti della proprietà  aziendale». Parlando con l’avvocato Perli Fabio Riva dice «due casi di tumore in più all’anno… una minch… ».
La Commissione e i parlamentari
C’è un capitolo intero dell’ordinanza dedicato alla visita della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, quella presieduta da Gaetano Pecorella. Dopo la conclusione dei lavori Pecorella rilasciò interviste in cui si disse convinto che i costi delle bonifiche dovevano essere a carico di chi aveva inquinato. Dice il gip: «Archinà  di buon mattino chiamò Luigi Capogrosso (ex direttore dell’Ilva ora in carcere) dicendogli che comunque per cercare di far cambiare opinione a Pecorella ci stava lavorando già  quel parlamentare». Il riferimento è a un deputato pdl poi morto in un infortunio. C’è un altro parlamentare il cui nome compare più volte in questa ordinanza: Ludovico Vico, pd, contattato di frequente da Archinà . Agli atti c’è una email inviata da Archinà  a Vico: è la proposta di modifica dell’articolo 674 del codice penale, getto pericoloso di cose, «reato — scrive il giudice — già  ripetutamente contestato ai vertici Ilva in vari processi per le emissioni dello stabilimento».
La lettera per Bersani
Nella casella di posta elettronica di Archinà  è stato intercettato il file di una lettera (1-10-2010) destinata a Pierluigi Bersani da parte di Emilio Riva (non è stato accertato che sia davvero stata spedita). Riva si lamenta della «pressione mediatica violentissima alimentata da associazioni ambientaliste locali» che «purtroppo trovano spesso sponda in alcuni politici». E cita il senatore pd Roberto Della Seta, una «sponda» secondo la sua interpretazione. Archinà  spiega a Bersani il suo stupore e le difficoltà  avute per via degli interventi non favorevoli all’Ilva del senatore Della Seta e alla fine dice «mi scusi lo sfogo ma confido che saprà  comprenderlo».
Nell’ordinanza di Patrizia Todisco si riportano anche intercettazioni che riguardano l’attuale sindaco di Taranto Ippazio Stefà no, protagonista di un episodio relativo al referendum sulla chiusura dell’area a caldo proposto dall’Associazione Taranto Futura. «L’intercettazione del 29 luglio 2010» scrive il gip, «rivela come, anche con il sindaco della città  Stefà no, Archinà  intrattenesse utili rapporti confidenziali, al punto da chiedergli di fissare il referendum in una data lontana». Dice Archinà : «La data… la più lontana possibile». E Stefà no: «Va bene». Archinà : «Per farci stare un po’ tranquilli». Stefà no: «Tranquilli, va benissimo, ciao Girolamo».


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