Israele prepara l’invasione pioggia di fuoco su Gaza ma l’Egitto: “Tregua possibile”

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GERUSALEMME â€” Dopo più di mille attacchi aerei Israele è pronto all’invasione di Gaza. Sui confini della Striscia, nelle strade che attraversano i grandi campi agricoli israeliani che circondano l’enclave palestinese, sono allineati in file ordinate decine e decine di carri armati, di blindati per trasporto della fanteria, di grandi bulldozer militari. Quattro grandi arterie stradali nel sud di Israele sono state chiuse al traffico civile, devono rimanere sgombre per lo spostamento delle truppe e per i rifornimenti. I primi ventimila riservisti richiamati in gran corsa dal ministro della Difesa Ehud Barak, hanno raggiunto le loro unità  operative schierate adesso all’ombra dei frutteti, rafforzando il “build up” militare che va avanti da quattro giorni, mentre con un ritmo incessante si susseguono i raid aerei, ma anche i bombardamenti da terra e da mare.
E’ un diluvio di fuoco quello che si abbattendo su tutta la Striscia, da Rafah sul confine con l’Egitto fino all’estremo nord, che però non riesce ancora fermare il lancio dei missili e dei razzi che anche ieri a decine sono stati sparati dai miliziani di Hamas contro tutta la regione sud di Israele. Uno stava raggiungendo Tel Aviv ed è stato distrutto dalla batteria antimissile “Iron Dome”.
Se dalla Striscia continuerà  l’ininterrotto lancio di razzi contro Israele, entro «24-36 ore Israele lancerà  un’offensiva di terra nell’enclave costiera», annuncia il viceministro degli Esteri, Danny Ayalon. «Non vorremo entrare a Gaza — ha chiarito Ayalon — ma se nelle prossime 24-36 ore saranno lanciati altri razzi contro di noi, questa sarà  la causa che provocherà , l’invasione».
E’ ancora solo una piccola luce quella accesa dagli sforzi diplomatici di Egitto, Qatar e Turchia per arrivare a un cessate-il-fuoco della “venticinquesima ora” che scongiuri un’operazione militare terrestre che potrebbe essere devastante per gli abitanti della Striscia. Ieri notte il presidente egiziano Mohammed Morsi, affiancato dal premier turco Tayyp Erdogan, ha annunciato che «alcune indicazioni fanno pensare» che una tregua potrebbe essere raggiunta per Gaza, ma che «al momento non ci sono garanzie». Il governo del Cairo è in contatto sia con Hamas che con Israele, che però al momento smentisce l’esistenza di una bozza di intesa che metta fine alla crisi. Le richieste di Hamas per fermare i missili sono la fine delle “eliminazioni mirate” — come quella di Ahmad Jabari che ha innescato questa crisi — e l’apertura dei valichi di frontiera; condizioni che al momento non sono considerate dal premier israeliano Benjamin Netanyahu.
La lista delle vittime dei bombardamenti intanto ha superato quota quaranta (di cui 16 solo ieri) — per la maggior parte civili — mentre i feriti palestinesi sono più di quattrocento; la situazione sanitaria in tutta la Striscia è grave, mancano medicinali d’urgenza, sacche per il sangue, benzina per dare elettricità  alle camere operatorie e alle terapie intensive.
Anche Hamas si prepara all’invasione di terra e annuncia di essere pronto alla guerriglia, alla difesa casa per casa, in una delle aree più densamente abitate del Pianeta. Una minaccia che prende nel mezzo i quasi due milioni di abitanti della Striscia, la metà  dei palestinesi che vi abitano ha meno di quindici anni, che lascia prevedere uno scontro senza regole, con i civili ostaggio e scudo durante la battaglia. «I nostri martiri sono pronti, vi aspettano. Come i vostri tank oltrepasseranno i confini queste unità  saranno attivate», annunciava ieri sera il sito ufficiale delle Brigate Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas. «Gaza sarà  la vostra tomba », è invece il messaggio sms mandato a migliaia di israeliani dal braccio armato della Jihad islamica palestinese. I due gruppi meglio armati nella Striscia hanno attivato tutti i loro effettivi, il contrabbando di armi dai tunnel li ha riforniti non solo missili sparati finora su Tel Aviv e Gerusalemme ma anche micidiali armi anti-carro “kornet”, che hanno già  dimostrato di poter perforare le blindature dei tank israeliani.
Nel campo profughi di Jabalya — a ridosso del confine — ieri le pareti delle abitazioni tremavano senza sosta mentre l’aviazione e i carri armati israeliani bombardavano la zona. Da lì è possibile vedere a occhio nudo, è lontano ma non troppo, le forze di terra israeliane accampate nei campi coltivati verso il Negev occidentale. «Nelle prossime ore quei blindati potrebbero essere qua, in mezzo alle nostre strade», raccontano gli abitanti che vivono l’angoscia di un pericolo immediato e di dover cercare subito una zona più sicura, o almeno un po’ meno esposta. Nel nord della Striscia di Gaza, a Sheikh Zayed, a Beit Lahya, e anche a Jabalya i più disperati hanno bussato ai cancelli delle scuole pubbliche; altri sono saltati in macchina con una valigia preparata in fretta, diretti verso Gaza City in cerca di un tetto o di ospitalità ; per i prossimi giorni, forse per un tempo anche più lungo. Il prezzo di una corsa in taxi verso il valico di Rafah con l’Egitto — quaranta chilometri più a sud — è triplicata di prezzo. E sono pochi i tassisti disposti a rischiare la “roulette russa” sulla strada costiera sorvolata dai droni, dagli elicotteri da combattimento “Apache”, bersaglio dei caccia F-16 e delle navi della Marina israeliana che incrociano davanti alla Striscia. Ieri “la roulette” si poteva tentare, in tanti l’hanno sfidata per lasciarsi alle spalle l’inferno della Striscia.


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