Le Pussy Riot nel gulag, le foto della prigionia

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MOSCA. Niente a che vedere con i gulag siberiani, ma non fidatevi troppo delle apparenze. Nadia ha una bella giacca verde e un foulard di pile che la protegge dal freddo umido della paludosa Mordovia. La giovanissima leader delle Pussy Riot sorride serena come quando passeggiava, chitarra in spalle, per la foresta di Khimki alle porte di Mosca. Un  sorprendente scoop fotografico del quotidiano Izvestja ha consegnato al mondo un’immagine rassicurante delle due “cantanti blasfeme” condannate a due anni di carcere per aver cantato una canzoncina in cattedrale facendo arrabbiare il Patriarca in persona. Le baracche del penitenziario femminile “numero 14”, appaiono linde e perfino allegre. Lo stesso vale per la camerata dove però si dorme in cinquanta e dove c’è un solo bagno senza porte. E molto altro rimane fuori dalle foto incredibilmente autorizzate. Per esempio il regime severo, il lavoro forzato, la violenza di molte detenute per crimini anche gravi. Chi subisce, e succede spesso, angherie, molestie sessuali, e perfino aggressioni vere e proprie dalle sue compagne, ha comunque una possibilità : scappare fuori dal dormitorio, raggiungere il cortile e fermarsi al freddo sotto all’asta della bandiera fino a quando le guardie di turno non decidano di soccorrerla. In ogni caso la vittima viene poi mandata per qualche giorno in cella di rigore, in isolamento e al buio. Non certo per punirla ovviamente, ma per un singolare meccanismo di protezione.
Nadia Tolokonnikova è comunque una ragazza tosta che non intende farsi umiliare. Non protesta, accetta in silenzio le punizioni, ha festeggiato il suo ventitreesimo compleanno, il 7 novembre, come “allieva cucitrice” nel laboratorio del carcere che produce divise per la polizia. Non è molto brava, mai toccato ago e filo in vita sua, ma ci mette impegno e lo riconoscono anche le sue carceriere. E da qualche giorno ha anche una segreta speranza: andar via al più presto da lì, tornare a vedere Ghera la sua bambina di quattro anni che non incontra dal giorno dell’arresto ai primi di marzo. I suoi avvocati infatti, hanno deciso di cedere “per il suo bene” e di lasciare la sua difesa. Politicamente impegnati, membri ufficiali dell’opposizione a Putin, hanno finalmente capito di essere loro il vero problema. Non a caso, al processo, la terza Pussy Riot che li aveva licenziati per affidarsi ad una legale più tollerata dal Cremlino, era stata messa in libertà  vigilata. Adesso, anche Nadia e Maria Aliokhina, in carcere invece negli Urali, hanno assecondato le richieste che arrivano dall’alto. Permessi speciali, sconti di pena, forse addirittura una grazia diventano adesso più probabili dopo l’atto di sottomissione preteso pubblicamente da Putin fino a pochi giorni fa.


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