Lo sforzo calcolato di Bill Clinton Sognando Hillary

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In realtà  Bill Clinton ha dato a Barack Obama molto di più. E quando la storia di Usa 2012 verrà  scritta, a occupare un posto cruciale nel racconto sarà  il ruolo immenso avuto dal quarantaduesimo presidente.
Il vecchio Bubba è tornato. Confermando la mistica del «come back kid», il ragazzo che vince partendo da dietro, Clinton ha avuto l’ennesima resurrezione in una carriera che lo ha visto sconfitto, emarginato, impeached da un ramo del Congresso, ma sempre pronto a riscattarsi.
«Bill Clinton, il maestro», lo ha semplicemente presentato Barack Obama sabato scorso sul palco di Bristow, in Virginia. E il presidente sapeva di cosa stesse parlando, al termine di una maratona nella quale Clinton è stato la sua à ncora e la sua nave pirata, il suo stratega dietro le quinte, il supplemento d’anima anelato dal popolo democratico, il miglior avvocato di un’Amministrazione apparsa smarrita e incapace di raccontarsi agli americani.
The Big Dog non chiedeva di meglio. Biologicamente in perenne debito d’affetto, attenzione e platea adorante, Bill Clinton ha sempre desiderato essere il neonato ai battesimi, lo sposo ai matrimoni e il morto ai funerali. E questa volta ha fatto l’en plein: ha galvanizzato la base democratica con il miglior discorso della Convention di Charlotte, è diventato l’ispiratore della campagna, ha argomentato come nessuno il buon lavoro fatto da Obama, che per lui ha ironicamente auspicato il posto di «ministro per spiegare le cose». E soprattutto si è gettato a capofitto nel campo di battaglia, imponendosi un calendario brutale e rischiosissimo per uno che è intarsiato di bypass coronarici, addirittura sostituendo il presidente, quando l’uragano Sandy ha costretto Obama a sospendere la campagna, rientrare a Washington e gestire l’emergenza.
Perché lo abbia fatto, rimanda tanto alla vanità  personale quanto al calcolo politico, tanto alla volontà  di difendere un’eredità  quanto a quella di preparare il futuro. Cercando di salvare la presidenza Obama, Bill Clinton ha cercato di salvare anche il lascito della propria. Superate le divisioni politiche e personali di quattro anni fa, Obama ha fatto dell’Amministrazione Clinton il canovaccio di riferimento per la propria, quello di un leader che eredita un grande deficit e un’economia in difficoltà , ma guida il Paese verso il rilancio e la ripresa nel secondo mandato. Nulla è più balsamico per l’ego di Bill Clinton, che essere riconosciuto come il genio politico che è e il grande presidente, che in verità  è stato.
Ma non c’è soltanto questo. Il calcolo dietro il suo impegno ha un nome: quello di Hillary Rodham Clinton. «A proposito — non si è stancato di ripetere Bill a ogni comizio — Barack Obama ha anche un grande segretario di Stato».
Secondo consiglieri vicini alla famiglia, egli è assolutamente convinto che la possibilità  per la moglie di candidarsi con successo alla Casa Bianca nel 2016 dipenda dal fatto che Barack Obama sia ancora nello Studio Ovale.
Clinton pensa infatti che l’economia americana sia destinata comunque a ripartire nel medio periodo e la ripresa potrebbe essere in fase di piena proprio in coincidenza con le prossime elezioni. Chiunque sia presidente, a quel punto, ne trarrà  beneficio. Se fosse Romney avrebbe davanti una facile rielezione. Se fosse Obama, il candidato democratico riceverebbe da lui un assist senza eguali. Sono solo scenari futuristici naturalmente. Ma il vecchio Bubba ha più volte dimostrato in passato di saper leggere come nessuno nella palla di cristallo della politica.


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