SANITà€ La ricetta americana di Monti

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Ma il sistema americano, basato sulle assicurazioni private pagate dai cittadini, è pessimo e giustamente in via di trasformazione.
E’ costoso (due-tre volte quello europeo), è meno efficace, perché la durata media della vita è più bassa rispetto a quella europea e sono peggiori le statistiche di funzionalità  (mortalità  infantile, mortalità  neonatale, etc.); é ingiusto, perché i ricchi pagano direttamente le migliori prestazioni, mentre circa 50 milioni di cittadini sono privi di assistenza. Solo con la riforma Obama, nel 2013-2014 questa vergogna sarà  eliminata. Ma il paradosso consiste nel fatto che lo Stato deve comunque intervenire con i propri finanziamenti per l’assistenza agli ultra sessantacinquenni (Medicare), perché senza finanziamenti statali le assicurazioni non assicurano gli anziani, e per l’assistenza ai poveri (Medicaid). Con questi due programmi spende quasi quanto in Italia si spende per l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini.
Ha senso in queste condizioni parlare di finanziamenti alternativi? Le risorse sono poche e la proposta di Monti è quella di ricorrere, sia pure parzialmente, a un sistema notoriamente più costoso. Non è un progetto serio, ma non è casuale: risponde a una ideologia immobile, tolemaica, che pone i mercati invece della Terra al centro del mondo, non accetta discussioni, non si confronta con la complessa realtà .
L’intervento di Monti era stato preceduto da segnali premonitori. Il mese scorso, sul Corriere della sera, un autorevole consulente del governo, Giavazzi, sostenendo che non siamo in condizioni di garantire l’assistenza sanitaria a tutti, ha proposto di limitarla ai più poveri, facendo pagare direttamente le prestazioni al ceto medio. Il rinnovamento di Giavazzi consisteva dunque nel tornare al medico condotto per i poveri. Il ministro della sanità , invece, che pure conosce benissimo il nostro Servizio sanitario nazionale, avanza una proposta bizzarra, che si sta trasformando in legge: i cittadini meno poveri dovranno pagare di tasca propria i primi trecento euro di spese sanitarie di un anno e solo per le spese successive interverrà  il Servizio sanitario nazionale. In tal modo, chi è in buona salute non avrà  nessun problema, mentre chi non lo è pagherà  un supplemento di tasse di trecento euro l’anno, una sorta di multa per la colpa di essere malato.
Sono tutti iniziali tentativi di mettere in discussione il principio fondamentale del Servizio sanitario nazionale: ognuno paga con le tasse in proporzione delle proprie entrate e riceve l’assistenza secondo le sue necessità . E non si tratta di questioni di scarsa entità , si tratta di attentati al diritto alla salute previsto dalla nostra Costituzione, in un quadro generale che tende a cambiare il segno della Repubblica italiana nata dalla Resistenza. Ma il problema della dinamica ascendente della spesa sanitaria per i prossimi anni è un problema reale. Pur razionalizzando ed eliminando sprechi e corruzione, la spesa sanitaria tenderà  inevitabilmente a crescere: è una conseguenza del miglioramento della sanità  e delle condizioni di vita che ha determinato, e ancor più determinerà  in futuro, un vertiginoso aumento del numero degli anziani. Si tratta di un cambiamento epocale della demografia della nostra società , che non c’è modo di contrastare a meno che non s’imponga l’eutanasia obbligatoria degli utraottantenni.
Un governo serio dovrebbe affrontare serenamente il problema, meglio se a livello europeo, studiando dove reperire i fondi necessari – ad esempio diminuendo radicalmente le spese militari, introducendo una patrimoniale progressiva, tassando le rendite, etc., senza mettere in discussione il servizio sanitario nazionale, in una prospettiva di medio e lungo termine. A breve termine, tuttavia, piuttosto che ridurre il finanziamento, allo scopo di rendere più economica la sanità  si possono individuare alcuni problemi da risolvere: l’intreccio pubblico-privato, le grandi multinazionali farmaceutiche e della diagnostica non correttamente controllate, la diabolica lottizzazione clientelare delle Asl, la corruzione imperversante che qualche regione talvolta alimenta. Resta poi il problema di fondo: quello dell’appropriatezza delle prestazioni che, in presenza di una forte spinta privata all’utilizzo di prestazioni anche inutili e perfino dannose, dovrebbe essere fondamentale. Ma questo presuppone che si ponga l’accento su un grande sviluppo culturale e che si mettano al centro della sanità  gli operatori più qualificati invece dei direttori generali lottizzati.


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