Bernstein difende Woodward “Il Post ha paura dei suoi scoop”

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NEW YORK — Dov’è finito il Washington Post del Watergate? Dov’è finito il giornalismo d’inchiesta che faceva tremare tutti gli uomini del presidente? Dov’è finito l’autore di quel mitico scoop è presto detto. Quarant’anni dopo lo scandalo che fece dimettere Richard Nixon, Carl Bernstein è vivo e lotta insieme a Bob Woodward, il reporter che firmò con lui quegli articoli da Pulitzer. Solo che adesso, a 68 anni, Carl lotta contro il suo stesso giornale, il Washington Post, accusandolo di aver tarpato le ali all’ultimo scoop del suo ex socio. Che sfiorava, ancora una volta, la Casa Bianca. Meglio: le mani che fin lì voleva allungare nientemeno che Rupert Murdoch, l’editore sul cui impero — dall’Inghilterra agli Usa — non tramonta mai il sole. Possibile?
Proprio da un quotidiano inglese, quel Guardian da sempre critico di SuperRupert, già  in prima fila nel denunciare lo scandalo intercettazioni, Bernstein sferra l’attacco al suo ex giornale. Il Washington Post, dice, ha praticamente nascosto la storia del piano segreto di Murdoch per portare alla Casa Bianca l’allora generale David Petraeus. Un fantastico intreccio di media & potere: che con lo scandalo dell’amante, Paula Broadwell, sarebbe stato presto condito di risvolti piccanti.
Il piano di Murdoch doveva funzionare così. Attraverso un suo emissario, il braccio destro dell’editore Roger Ailes, inventore e padrone di Fox News, la tv di notizie più vista d’America, aveva fatto a Petraeus un’offerta che non poteva rifiutare: non accettare la nomina alla Cia che Barack Obama sta per darti, chiedi il posto che ti spetta di Capo di Stato maggiore, il presidente rifiuterà , tu romperai e a quel punto sarai libero di sfidarlo nella corsa alla Casa Bianca — naturalmente con lo sconfinato appoggio della nostra tv. Non solo: l’emissario aveva fatto sapere che Ailes era pronto a lasciare il suo milionario posto in tv per diventare capo del suo staff. Così il golpe di Murdoch sarebbe stato completo.
Questa è la storia che Woodward porta al suo giornale. Le prove? Addirittura la registrazione del colloquio tra Petraeus, che rifiutò, e l’inviato di Fox.
Eppure, nota l’ex socio Bernstein, l’articolo viene pubblicato “nella sezione Style e non in prima pagina, dove sarebbe dovuto andare”. Una decisione che il Pulitzer definisce «penosa». Scagliandosi pure contro la giustificazione apportata dal capo del settore Liz Spayd. «Bob aveva un grande scoop, un’eccitante media story
perfetta per Style: non aveva quell’importanza più ampia che avrebbe giustificato la prima pagina » Apriti cielo. «Eccitante media story?
Che non aveva l’importanza più ampia di una storia da prima pagina?». Bernstein è furioso: «Nessuno avrebbe potuto immaginare una tale mancanza di giudizio giornalistico in nessuno dei moderni predecessori di Spayd a capo di una redazione». L’attacco è devastante. E dal suo Post si allunga su tutta la stampa americana che — conclude il grande del giornalismo — o è spaventata dallo stra-potere di Murdoch oppure è così abituata ai suoi metodi da non indignarsi più. Ai tempi di Nixon proprio i giornali agirono da guardiani: che succede?
L’affondo cade in un momento di grande crisi al Post.
Mentre lascia il direttore Marcus Brauchli, che a Washington era approdato in fuga dal Wall Street Journal appena finito nelle mani indovinate di chi? Di Murdoch. Per rilanciare il giornale del Watergate, Brauchli aveva chiesto una mano allo stesso Woodward, facendone una sorta di consigliere privato. E perché ora molla? Perché i giornali sono in crisi in tutto il mondo e l’editore vuole tagliare tagliare tagliare. Lo stesso Guardian che punzecchia il Post, del resto, sembra stia studiando un piano per finire solo online. Ma non è solo questione di crisi. Già  una ventina d’anni fa sempre Bernstein aveva stigmatizzato in un articolo famosissimo “The Idiot Culture”:
cioè la tendenza dei media a trasformare tutto in gossip. Campo per la verità  in cui ha da sempre svettato lui stesso: dai tradimenti della moglie, la scrittrice Nora Ephron di “Harry ti presento Sally”, fino ai flirt con Liz Taylor e Bianca Jagger. Riuscirà  con l’ultimo “j’accuse” a far rialzare la testa ai suoi colleghi? Chi avrà  la forza, quarant’anni dopo, di indagare su tutti gli uomini di Murdoch?


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