Corsa dei Btp, spread sotto quota 300

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ROMA — Era successo in marzo, ma il calo non era durato molto. Ieri lo spread tra i rendimenti dei Btp decennali e dei Bund tedeschi di uguale durata è sceso sotto i 300 punti base, toccando quota 292, per poi risalire in chiusura a 304 punti. E si può solo sperare che questa volta le tensioni sul mercato dei debiti sovrani restino a lungo sotto traccia. Il primo a puntarci è proprio il presidente del Consiglio, Mario Monti che a Lione, al termine dell’incontro con il presidente francese Franà§ois Hollande, ha detto di augurarsi il «dimezzamento» dello spread rispetto al valore che c’era all’inizio del suo mandato, a un livello pari «a 287 punti base, la metà  dei 574 con i quali il nostro percorso è iniziato». L’entità  del debito pubblico italiano «è rilevante», ma «il riconoscimento internazionale sulla politica economica è diffuso e generalizzato» ha aggiunto Monti rilevando che «c’è un tiro alla fune tra la politica economica e l’apprensione sull’alto peso del debito: ora con l’intesa sulla Grecia il quadro sembra distendersi, abbiamo anche noi benefici pure se siamo a livelli di spread non ancora accettabili». Quanto ai perché di questo ritorno alla calma dei mercati, Monti ha detto di non aver pensato a «quali potessero essere le cause e concause dietro il dolce e graduale abbassarsi dello spread. Che giova anche a un riavvicinamento ulteriore tra Italia e Germania».
Significativa ieri è stata sì la riduzione dei differenziali, ma soprattutto quella dei rendimenti stessi dei titoli dei decennali scesi al 4,39% per poi assestarsi in chiusura al 4,45%. In marzo quando lo spread italo-tedesco è sceso sotto quota 300 punti prima di riprendere la rincorsa, il tasso dei Btp a 10 anni si aggirava sul 4,8%. Ieri calando attorno al 4,4%, è tornato ai livelli di due anni fa. E questo è avvenuto perché nel periodo sono risaliti i rendimenti dei Bund tedeschi, che nella fase di maggiore crisi di fiducia sull’euro, erano fin troppo richiesti dagli investitori internazionali in fuga dalla moneta unica. Guardando l’andamento degli spread, dall’aggravarsi della crisi sui debiti sovrani a fine 2011, si vede come le pressioni sull’Italia abbiano iniziato ad attenuarsi tra febbraio e marzo scorsi: la tregua però è durata poco perché i differenziali sono risaliti inesorabilmente da aprile a luglio per poi fermarsi in agosto. A settembre, dopo l’annuncio del piano di acquisti di titoli dei Paesi in difficoltà , condizionato ma potenzialmente illimitato, da parte della Bce di Mario Draghi, c’è stata la svolta: la media mensile degli spread è scesa dai 444 punti di agosto ai 366 di settembre e ai 339 di ottobre.
Il calo di ieri (quello sul decennale dei Bonos spagnoli ha toccato i 383 punti base) è stato sicuramente favorito dall’apertura verso il piano della Grecia della cancelliera Angela Merkel come pure dalla formalizzazione della richiesta da parte di Madrid dei fondi europei destinati al salvataggio delle banche in crisi. Ma l’andamento dei mercati nei prossimi giorni e nelle prossime settimane sarà  influenzato di più dall’evoluzione delle due principali incognite, una interna all’Europa e l’altra esterna, che pesano sul mood degli investitori: l’esito del buyback, cioè del riacquisto dei propri titoli da parte della Grecia, lanciato ieri per concludersi il 17 dicembre, che è condizione necessaria per il versamento della tranche del prestito internazionale attesa da Atene e il raggiungimento o meno dell’intesa nel congresso Usa sul deficit di bilancio. Cioè sul quel fiscal cliff, letteralmente precipizio fiscale, che scatterà  automaticamente in gennaio con l’entrata in vigore di tagli di spesa e aumenti di entrate in grado di produrre un pesante e temutissimo effetto recessivo sull’economia americana e anche mondiale. L’attesa e l’incertezza su questo fronte, unite all’inatteso calo dell’indice manifatturiero Usa, ieri hanno frenato, sulla spinta di Wall Street, i guadagni delle Borse europee partite di gran lena sulla scia delle notizie su Grecia e Spagna a cui si sono accompagnate anche quelle sul miglioramento dei dati sulla crescita cinese. Francoforte ha chiuso in rialzo dello 0,4%, Parigi ha guadagnato lo 0,26%, Milano è salita dello 0,43% e Londra ha segnato un progresso dello 0,08%. Madrid ha invece accusato un ribasso dello 0,57% a causa dei dubbi del governo sulla possibilità  di raggiungere gli obiettivi di bilancio per il 2012 e le notizie sul versamento degli aiuti alle regioni, inferiori alle richieste.
Sulla tenuta dei mercati influirà  anche il dibattito a Bruxelles e Francoforte sul progetto di unione bancaria, che dovrebbe partire con la vigilanza comune, e le decisioni sull’eventuale rinvio dei parametri di Basilea3 sull’adeguatezza del capitale delle banche, chiesto dagli istituti europei dopo lo slittamento deciso negli Usa. In questo quadro, la riunione della Bce di giovedì potrebbe essere interlocutoria, se non per l’approfondimento dell’analisi congiunturale e dei passi compiuti da Atene e Madrid.


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