Ecco il memorandum di Monti “Qualcosa mi dice di non candidarmi ma insieme va ricostruito il Paese”

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HO INCONTRATO Monti nel suo studio di Palazzo Chigi. Erano le nove e mezza del mattino e lui m’aveva invitato a prendere insieme un caffè. È stato un caffè molto lungo perché sono uscito alle dieci e tre quarti. In quest’anno del suo governo l’avevo incontrato una sola volta a Bologna dove con Ezio Mauro lo intervistammo nel teatro della città .
Eppure ci conosciamo da molto tempo: nel 1950 io dirigevo l’ufficio estero della Banca Nazionale del Lavoro nella filiale di Milano guidata da suo padre. Diventai amico del Monti senior che di tanto in tanto mi invitava a cena a casa sua insieme ad altri collaboratori del suo staff. Monti junior aveva più o meno dieci anni, io ne avevo ventisette. Ma molti anni dopo, quando lavorava alla Bocconi di cui poi fu rettore, diventammo amici, ci incontravamo e ci telefonavamo spesso e quando veniva a Roma spesso ci vedevamo a “Repubblica”.
Racconto queste cose per meglio inquadrare il nostro colloquio. Mentre scrivo queste righe non sappiamo ancora, né voi né io, che cosa dirà  stamattina nella conferenza stampa con la quale si conclude la sua azione di governo. Annuncerà  qualche cosa, ma che cosa? Nel pomeriggio di venerdì è andato al Quirinale a dimettersi dopo un breve Consiglio dei ministri che ha formalizzato le dimissioni del governo. Nel frattempo Camera e Senato avevano approvato la legge di stabilità  finanziaria.
Non credo di commettere un’indiscrezione se racconto i passi principali del nostro colloquio. Due amici si scambiano opinioni sulla situazione politica mentre una legislatura finisce e un governo nato per gestire l’emergenza economica rassegna le dimissioni.
SIAMO all’inizio d’una campagna elettorale decisiva per molti aspetti, non solo per l’Italia ma anche per l’Europa di cui l’Italia è un tassello essenziale. Forse le cose che ci siamo dette possono servire a chiarire alcune questioni. Del resto non ci sono segreti da rivelare ma soltanto una trasparenza utile ad orientarci.
* * *
Che cosa pensi di fare? gli ho chiesto quando ci siamo seduti uno di fronte all’altro. Non avevo più messo piede in quella stanza dai tempi dell’ultimo governo Amato, alla vigilia delle elezioni del 2001. «Parla tu e dimmi come vedi le cose» ha risposto.
Io le cose le vedo così. Anzitutto, quale che sia il risultato che uscirà  dalle urne, Monti è una persona indispensabile per garantire l’Italia di fronte agli alleati europei e americani e lui ne è pienamente consapevole. Del resto l’ha già  detto più volte. Ricordatelo. Hai detto: sarò disponibile a dare il mio contributo se chi ha titolo per farlo me lo chiederà . Ricordo bene? «Sì, ricordi bene, ho detto così».
Il titolo per farlo ce l’ha anzitutto il presidente della Repubblica. Napolitano avrebbe preferito che si votasse ad aprile alla scadenza naturale della legislatura o al più presto a marzo; in quel caso non sarebbe toccato a lui dare l’incarico al nuovo capo del governo, bensì al suo successore. Alfano però, sotto la spinta di Berlusconi, dichiarò che il suo partito considerava chiusa la partita e nel tempo che restava avrebbe votato solo i provvedimenti che approvava. Sugli altri si sarebbe astenuto anche se fosse stata posta la questione di fiducia e così fece fin dalla prima occasione. In Senato, tra l’altro, l’astensione equivale a voto contrario. Insomma volevano cuocerti a fuoco lento per altri tre mesi. La tua risposta è stata quella di preannunciare le tue dimissioni immediate, non appena fosse stata approvata la legge di stabilità  finanziaria. Napolitano si è molto rammaricato ma non con te bensì col partito che aveva provocato una crisi inevitabile. Io personalmente sono contento che le cose siano andate in questo modo perché dà  molta più sicurezza agli italiani che il risultato elettorale e la formazione di un nuovo governo siano gestiti da Napolitano.
«Questa è anche la mia opinione».
Aggiungo ancora una riflessione a questo proposito: il Porcellum è una legge vergognosa perché confisca la libertà  degli elettori di scegliere i loro candidati al Parlamento, ma consente però di decidere qual è la maggioranza alla quale affidare il compito di governare. Nelle attuali condizioni una legge elettorale a base proporzionale avrebbe eletto un Parlamento ingovernabile.
«Su questo punto non sono d’accordo, ci sono già  20 liste in preparazione, ti pare poco?».
Alcune si coalizzeranno tra loro e la maggior parte sono liste di peso numerico assai scarso. Quelle che contano in questa partita a scacchi saranno quattro o al massimo cinque: le liste di Berlusconi, il Centro, il Centrosinistra, Grillo, la Lega. «Non sono pochi». Hai ragione, non è poco ma non sono venti.
«Come valuti Berlusconi?».
Più forte di quanto molti pensino. Il suo vecchio elettorato l’aveva lasciato e preferiva astenersi, ma ora che è tornato in scena e farà  campagna contro di te che sei accusato d’aver imposto sacrifici insopportabili sulle spalle dei “soliti noti” cioè delle fasce sociali deboli e del ceto medio, i suoi ex elettori in gran parte lo voteranno ancora. Aggiungi la sua propaganda contro i comunisti e vedrai che i suoi voti aumenteranno un bel po’.
«Per la sesta volta? Dopo aver visto quali danni ha fatto all’economia italiana e alla credibilità  del paese?».
Il nostro, caro Mario, è un paese molto emotivo e di memoria assai corta. Ed è anche un paese con molti furbi. Il populismo c’è dovunque ma da noi più che altrove. I furbi scambiano il voto con qualche favore chiesto e ricevuto, i gonzi credono alle promesse che non saranno mai mantenute e si scordano d’esser già  stati per cinque volte gabbati.
«A quanto valuti i berlusconiani?» Al 20 per cento e forse anche di più. «Anch’io faccio analoghe valutazioni. Questo è uno dei motivi per i quali bisogna rafforzare il Centro: fare muro e limitare il riafflusso alla destra populista».
Ma tu quanto valuti il Centro, quello attuale, Casini, Fini, Montezemolo con il tuo ministro Riccardi? «Conosco i sondaggi. Così com’è, lo stimano tra il 9 e il 12 per cento». Così com’è vale a dire senza di te.
«Esattamente, senza di me». Loro però diranno che in ogni caso vogliono te a capo del nuovo governo. «Questo nessuno glielo può impedire». A te fa piacere? «Beh, sì, mi fa piacere». E se tu ti metti alla loro testa, quanto vali tu come moltiplicatore? «Questo non lo so. Vedo che i sondaggi su di me mi danno intorno al 40 per cento; alcuni anche di più».
Secondo me meriti di più, hai salvato il paese dal baratro in cui stava precipitando e gli hai ridato una credibilità  che avevamo perso da tempo. Ma tieni conto che più del 60 per cento preferisce che tu non partecipi alla campagna elettorale. Ma c’è un ultimissimo sondaggio: se ti metterai alla testa del Centro, la loro quota aumenterà  del 6 per cento. Dal 10 al 16. «Tu pensi che accadrebbe così?». Parliamo di sondaggi, valgono quel che valgono. Se il Centro facesse blocco con Berlusconi, arriverebbe almeno al 30 per cento se non di più.
«Sai bene che non lo farò mai». Certo che lo so. Però si dice che alcuni parlamentari del Pdl vorrebbero transitare in liste da te guidate. «Alcune persone per bene, sì, vorrebbero venire al Centro e io non sarei contrario». Mi viene in mente il nome di Pisanu, ma lì finisce l’elenco. «Ce n’è qualcun altro». Bada, non vanno oltre le dita d’una mano ma comunque la questione non è la transumanza dei parlamentari bensì il consenso degli elettori. Il Centro di Casini esiste ormai da molto tempo, quello di Fini da due anni, ma non hanno mai decollato. Casini oscilla tra il 6 e il 7, Fini con il 2. Non si muovono da lì.
«Perché sono politici fin da ragazzi e la gente non sopporta più i politici professionali. Si parla ormai di esperti e di società  civile. È questo che non fa decollare il Centro, cioè i partiti che lo rappresentano e che non sono populisti. Questo è un loro pregio ma non porta voti. Un movimento della società  civile forse li porterebbe ».
Montezemolo, secondo te, rappresenta la società  civile?
«Rappresenta in qualche modo le imprese. Riccardi è il fondatore di Sant’Egidio…». E rappresenta la Chiesa. Anche tu sei cattolico, ma non rappresenti la Chiesa. Io non credo che la religione si debba occupare di politica e di partiti. Purtroppo vedo che se ne occupa ma non credo sia sopportabile. Carlo Azeglio Ciampi è cattolico ma ha rappresentato il laicismo dello Stato. Lo stesso fece Scalfaro che era cattolicissimo ma laicissimo. Napolitano poi è tutt’altra cosa.
«Anch’io sono laico nel senso che tu intendi». Lo so e per questo dico che una lista imbottita di persone pur degnissime che fanno parte di Comunione e Liberazione o di Opus Dei, o di Acli o di altre analoghe associazioni del tipo delle cooperative bianche e dei coltivatori diretti cattolici, non è società  civile ma Chiesa militante. Allora il piano cambia, si rifà  la Dc.
«Nessuno di noi pensa questo e io non mi propongo un obiettivo del genere». Di te sono certo, di altri tuoi compagni di viaggio sono assai meno convinto. Può darsi che io abbia un pregiudizio su questo argomento, come sai sono laico e non credente. Ma ammiravo e frequentavo il cardinal Martini che non godeva di gran favore nella Chiesa di Bertone. Quanto alla Dc, c’era una forte sinistra nella Dc di allora. Non vedo una sinistra nell’eventuale Dc che nascesse oggi.
«Senti, sono stato a Melfi l’altro giorno…». Posso dirti che stare in una fabbrica da cui era esclusa la Cgil non ti giova? «Mi ha provocato molti attacchi, lo so, ma quel cortile era pieno di operai, migliaia di operai. Non credo che fosse una claque, erano lavoratori che vedevano tornare il lavoro. Per questo applaudivano. Mi sono commosso a vederli e ad ascoltarli». Capisco. Ma fuori dai cancelli ce n’erano altri di operai, che non sono stati fatti entrare. Questo non va bene, non ti pare?
«Infatti mi è dispiaciuto, ma non spettava a me di aprire i cancelli». Mi permetterai di dire che forse dovevi farne cenno nel tuo discorso. Comunque torniamo a te. Hai deciso? Lo dirai domenica nella conferenza stampa?
«Ecco il punto. Domenica farò un bilancio consuntivo dei miei 400 giorni di governo, come ho ereditato una situazione fallimentare e come la lascio oggi. Elencherò gli impegni presi con l’Europa e già  adottati, e gli impegni non ancora attuati ma già  previsti».
L’agenda Monti insomma. «Sì, gli impegni che ci hanno ridato credibilità  e che non possono essere smantellati senza ripiombare nel precipizio che abbiamo evitato». Quello che Grillo contesta e i berlusconiani rimettono in discussione.
«Purtroppo li contestano anche la Camusso e Vendola. Questa è una forte differenza tra il Centro e il Pd».
Per quanto riguarda la Camusso, hai ragione, secondo me però è un personaggio con la quale bisognerebbe aprire un discorso serio.
«Tu l’hai fatto e scritto quando la mettesti di fronte alla politica riformista di Luciano Lama». Sì, lei mi rispose a male parole e soprattutto disse che la situazione di oggi è molto diversa da quella di allora. In questo però aveva ragione.
«Comunque la Cgil vuole smantellare l’agenda degli impegni con l’Europa. Questo è un obiettivo impensabile».
Bersani però ha riconfermato che il Pd rispetterà  tutti gli impegni presi ed è andato a dichiararlo a Bruxelles l’altro giorno. L’aveva già  detto ripetutamente nei dibattiti nelle primarie. Del resto io ricordo che tra gli impegni presi da te e dall’Europa c’erano anche equità  e sviluppo. Il Pd ritiene che anche questi sono impegni da rispettare ma ancora evanescenti. Quanto a Vendola hai torto. Te lo dico perché tu ne tenga conto. Vendola vuole trasformare il welfare perché quello attuale – è lui che lo dice – non tiene conto della realtà , dei contratti nuovi e innumerevoli, della società  invecchiata. Insomma della modernità . Mette al primo posto la necessità  di investire nella scuola, prima di ogni altro obiettivo secondo lui c’è quello: scuola, università , ricerca. Gli ho chiesto, in un incontro di pochi giorni fa, chi sono i suoi punti di riferimento, le persone rappresentative dei valori in cui crede e questa è stata la risposta: Gramsci e Gobetti. Mi ha sorpreso. Gli chiesto: e i fratelli Rosselli? Ha risposto: certo anche loro e il liberalsocialismo. Gli ho detto: ma da quanto tempo la pensi così? Ha risposto: da quando ho cominciato ad amministrare la Puglia, una delle regioni più grandi d’Italia e più moderne.
«Sarà  così e ne sarei contento, ma per ora non parla in questo modo. Camusso, Vendola e molti altri nel Pd vogliono e dicono di voler smantellare quello che è stato fatto. Io sono del parere di Ichino che del resto è uno dei più fedeli a quel partito e credo nell’onestà  intellettuale di Bersani».
Torniamo alla tua conferenza stampa. Gli impegni che hai effettuato e quelli che dovranno essere realizzati. E poi?
«Poi leggerò un messaggio, un memorandum, forse è meglio chiamarlo così, rivolto al Paese». Non anche alle forze politiche? «Al Paese, alla pubblica opinione e alle forze sociali e politiche».
E che cosa dirai?
«Proporrò un programma che a mio avviso dovrebbe essere attuato fin dall’inizio, nei primi cento giorni del nuovo governo». E cioè? «Una legge aggiuntiva contro la corruzione; quella varata poche settimane fa è stata di fatto concordata con la cosiddetta “strana maggioranza”, ma è manchevole, consapevolmente manchevole di alcuni punti importanti. Bisogna completarla. Altrettanto bisogna fare con le liberalizzazioni. Bisogna rendere più penetrante l’azione antitrust in favore della libera concorrenza. Portare a termine l’impegno di abolizione delle Province. Cambiare la legge elettorale basandola sui collegi. Dimezzare il numero dei parlamentari. Portare avanti al riforma fiscale. Difendere fino in fondo la riforma delle pensioni. Cambiare il welfare e creare un sistema generale di ammortizzatori sociali. E soprattutto investire nelle scuole superiori, nell’università  e nella ricerca».
Ci sono molti punti comuni con il Pd. «Certo». Tu pensi ad un’alleanza post elettorale?
«La considero indispensabile. Dobbiamo ricostruire la pubblica amministrazione e costruire lo Stato dell’Europa federale. Ti sembrano compiti che possano essere portati avanti da un solo partito? Ci vuole una grande alleanza perché si tratta di una vera e propria rivoluzione».
Ma poi che altro dirai? Ti proponi come portabandiera e leader del Centro?
«Non lo so ancora. Ma dentro di me qualcosa mi dice di no. Chi si impegna nelle elezioni lo fa per vincere. Poi ci si può anche metter d’accordo ma alcune ferite possono essere inflitte da una parte e dall’altra. Io non voglio che questo accada tra due forze che poi dovranno necessariamente stare insieme».
E allora?
«Allora ci dormo sopra. So che Napolitano preferirebbe che io, pur incoraggiando la parte politica a me più congeniale, restassi in panchina. Vedrò. La notte porta consiglio. Intanto Buon Natale».
Ci siamo dati la mano e mi ha accompagnato fino all’ascensore. Davanti ai commessi e ad alcuni suoi collaboratori mi ha abbracciato. Sobrio in privato, affettuoso in pubblico. Avrà  certo le sue ragioni. A me ha fatto molto piacere.


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