Il premier studia la strategia elettorale

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ROMA — Se la riflessione in corso avrà  come sbocco quello che tutti pensano, ovvero che Monti accetterà  di essere il candidato premier di una o più liste, allora il Professore sembra lanciato verso una piena campagna elettorale. In modo riservato ieri ha mandato un messaggio ad Angelino Alfano: non ci può essere nessun punto di incontro con chi si ripropone agli italiani, come Berlusconi, «contro la Germania e contro l’euro».
Monti dovrebbe fare un annuncio subito dopo le dimissioni. Questo è quello che ha sempre detto. Un annuncio politico, che lo proietterà  in modo netto dentro la campagna elettorale. Ma a Palazzo Chigi si registrava ieri una certa ansia, nel suo staff mettevano in dubbio il timing finora annunciato: la fine della «riflessione» del presidente del Consiglio, visto lo slittamento dell’approvazione delle legge di Stabilità , potrebbe arrivare anche prima delle dimissioni.
A questo punto appaiono come sfumature le forme di un coinvolgimento che non sembra più oggetto di riflessione. Una lista unica al Senato, di tutti coloro che sostengono un Monti bis; più liste a Montecitorio, essendo diverso alla Camera il meccanismo elettorale e la soglia di sbarramento necessaria per eleggere dei rappresentanti.
Sono scelte importanti, ancora in discussione. Ma non appare più in discussione la voglia del presidente del Consiglio di misurare il suo consenso personale di fronte agli elettori, anche restando lontano dalle liste elettorali. «È chiaro che farà  campagna elettorale, che dovrà  difendere la sua agenda, che parlerà  agli italiani con più libertà », aggiungevano ieri nel suo staff, lasciando come negli ultimi giorni uno spiraglio di incertezza legato ad una riserva che deve ancora essere sciolta in modo ufficiale.
Prudenze in qualche modo diplomatiche, almeno così appaiono. Meno prudenti sono alcuni dei ragionamenti del presidente del Consiglio che ieri sono stati girati in via dell’Umiltà , dove i vertici del Pdl tenevano una riunione presieduta da Alfano. Messaggi che a qualcuno sono parsi come un’ultima chiamata: secondo Monti infatti il Pdl ha solo una chance di essere veramente parte di un progetto di ricostruzione di un polo moderato, ovvero abbracciare immediatamente una posizione europeista e realmente ancorata ai principi del Ppe. E dunque aderire al programma che lo stesso premier ha intenzione di presentare. In sostanza: mettere da parte il Cavaliere, le sue «narrazioni» di questi giorni.
È difficile che accada, anche se in molti danno per probabile la confluenza di un drappello di esponenti del Pdl in una lista pro Monti. Anche da questi dettagli appare chiaro che Monti si sta già  misurando con dinamiche molto pratiche, che appaiono caratterizzare una riflessione che ha imboccato una strada ben precisa. Talmente pratiche che a Palazzo Chigi si disegnano anche scenari di questo tipo: il Pd che non ha la maggioranza in Senato e che per governare è costretto a fare un accordo con le liste che sosterranno Monti, dunque con Monti stesso, che a quel punto però chiederebbe di escludere Vendola.
«A Monti non credo convenga mai di fare un suo partito con Montezemolo e Casini, perché passerebbe dall’essere deus ex machina a piccolo protagonista della politica», diceva ieri Silvio Berlusconi. Nei ragionamenti che si ascoltano in queste ore nelle stanze del governo l’ordine delle cose si inverte: «Se Monti farà  una sua campagna elettorale cambierà  l’offerta politica e quindi cambieranno i numeri dei sondaggi».


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