Raid dell’esercito contro le Farc: 20 le vittime, tra cui il leader Mariscal Sucre

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L’esercito colombiano ha comunicato di aver decapitato una colonna delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc) in una zona rurale attribuibile al municipio Ricaurte, nel dipartimento di Narià±o, a circa 530 km a sud est della capitale Bogotà . «Abbiamo fatto fuori almeno 20 banditi. Molti sono stati feriti e sono in corso perquisizioni per catturali», ha dichiarato alla stampa il generale Jorge Alberto Segura, comandante della Terza divisione. Per l’alto ufficiale, fra i morti vi sarebbe anche il dirigente della colonna Mariscal Sucre, membro della guerriglia marxista da 25 anni. Fedele al suo schema di propaganda, il generale ha ripetuto che il bombardamento degli accampamenti che ospitavano 60 guerriglieri, diretto dalla Terza divisione dell’esercito e da unità  della Forza aerea, si è scatenato all’alba ed è stato possibile grazie alle informazioni fornite dalla popolazione locale «che appoggia le forze dell’ordine perché è stanca delle operazioni criminali» delle Farc. Secondo il generale, sarebbe stato rinvenuto materiale bellico, piani e documenti relativi a rapimenti.
Difficile, per ora, verificare l’attendibilità  della notizia, considerando l’abitudine dell’esercito colombiano all’intossicazione e all’uso dei «falsi positivi» (l’uccisione di contadini inermi o di piccoli delinquenti esibiti poi come «terroristi»). Di solito, dopo qualche mattanza, i militari mostrano sempre i loro «trofei» (le foto dei guerriglieri uccisi) e finora questo non si è verificato. Lo stesso presidente colombiano Manuel Santos, impegnato nelle trattative di pace in corso a Cuba con le Farc, su Twitter ha detto che la mediazione prosegue nei modi stabiliti, ma non ha menzionato il blitz.
All’Avana, prosegue intanto la seconda tornata delle trattative, faticosamente messe in atto con la mediazione della Norvegia e del Venezuela, che si conclude domani. Un tentativo per dar esito a un conflitto di quasi mezzo secolo fra la più longeva guerriglia latinoamericana (esiste dal 1964) e il governo colombiano, che fin’ora ha sempre lasciato cadere questa via. Il 19 novembre, da Cuba, i portavoce delle Farc hanno annunciato una tregua unilaterale e liberato altri «prigionieri di guerra». Tregua che, tuttavia – ha precisato la guerriglia -, non significa smobilitazione: anche in memoria delle passate bruciature subite in precedenti tentativi di mediazione. Il governo del presidente colombiano Juan Manuel Santos ha invece risposto che le operazioni contro la guerriglia sarebbero continuate e che un cessate il fuoco ci sarà  solo alla fine del processo di pace, qualora si concluda in modo positivo; smentendo anche le dichiarazioni di Sandra Ramà­rez, rappresentante del gruppo di negoziatori, secondo la quale alla recente liberazione di soldati e poliziotti catturati in combattimento dalle Farc, sarebbe seguita quella di prigionieri politici in mano al governo.
Nelle trattativ non è in gioco solo un accordo militare tra governo e guerriglia. Nelle intenzioni delle Farc e delle organizzazioni sociali e politiche che in Colombia appoggiano una soluzione negoziata del conflitto, si tratta di avviare una svolta politica che metta al centro la riforma agraria, spazi di agibilità  politica per l’opposizione con garanzie reali di non finire vittima del killeraggio dei paramilitari, sempre dietro le quinte. In questo quadro è ipotizzabile una riconversione politica dell’esperienza guerrigliera. La questione della riforma agraria è il primo punto dell’agenda. In Colombia, la sinistra e la sociaetà  civile, per impulso del movimento Marcia patriottica hanno già  stabilito diverse occasioni di mobilitazione su questi temi. Le loro decisioni forniranno il contenuto per il prosieguo delle trattative delle quali – precisano dall’Avana le Farc – «daremo costantemente comunicazione pubblica». Per Santos, il processo di pace dovrebbe concludersi entro il novembre del 2013.


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