Tagli ai salari e licenziamenti “american camalli” in rivolta è il ritorno di Fronte del Porto

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WASHINGTON. È IL disperato D-Day alla rovescia degli ultimi scaricatori di porto americani, decisi a barricarsi dietro la grande muraglia dei containers per difendere il loro “Fronte del Porto”.
I SUPERSTITI di quella che fu un’armata leggendaria, invincibile e violenta, gli uomini che controllavano con le loro mani e i loro muscoli il traffico delle merci in America, tentano un’ultima resistenza prima di arrendersi all’automazione, ai tagli di salari e al tramonto di un mestiere che ha fatto, in una nazione stretta fra le acque, le fortune del commercio.
Sono rimasti ormai appena in 35 mila, i longshoremen, gli scaricatori, gli “american camalli”. Erano 400 mila appena mezzo secolo fa, ma hanno ancora abbastanza forza per chiudere tutti i porti americani dell’Est, da Houston a Boston, dal Golfo del Messico alle acque del Nord Atlantico e difendere un mestiere che i containers, le gru, i robot hanno decimato. I negoziati sono ripresi e la rivolta dei “camalli” è sospesa fino a domenica in attesa dei risultati dei colloqui con le società  di carico e scarico che avevano deciso di tagliare le loro royalties, il supplemento di paga misurato secondo il peso delle merci maneggiata. E se Elia Kazan, Marlon Brando, Rod Steiger, Eve Marie Saint non dominano più quelle trincee di cemento e di lamiera dove correva, insieme con la merce e il danaro, il sangue di chi avesse osato opporsi alla mafia dei moli, sono ancora esseri umani quelli che manovrano le gru, che aprono le porte, che permettono alle macchine di lavorare, 24 ore al giorno, perché i porti non chiudono mai.
La battaglia che la Ila, il sindacato dei portuali, ha lanciato dopo l’ultimo sciopero lungo due mesi che risale a 35 anni or sono e piegò l’America, è più un ultimo hurrah che uno scontro sui salari. Gli scaricatori vogliono far vedere che ancora possiedono quei muscoli che in passato terrorizzavano autorità  come datori di lavoro, fino alla Presidenza degli Stati Uniti. Fino a quel Franklyn Delano Roosevelt che nel 1942, a guerra scoppiata, dovette scendere a patti con Lucky Luciano e con il suo luogotenente Albert Anastasia, signore indiscutibile dei porti e boss della “Anonima Omicidi”, per sbloccare scioperi e boicottaggi che avevano paralizzato lo sforzo bellico nel principale dei porti americani, New York. Quando il transatlantico “Normandy” esplose nella rada, la Casa Bianca si
arrese. In cambio della collaborazione di Cosa Nostra, Luciano, che era in carcere, fu prima trasferito in una prigione assai più confortevole e poi scarcerato e deportato in Italia, come uomo libero.
Contrariare, o anche soltanto sfidare, i signori dei porti era stato per decenni un suicidio politico, quando non un suicidio materiale. Quando il traffico delle merci in entrata e uscita dal mercato americano passava per l’89 per cento dai porti, bastava che le manone degli scaricatori si stringessero al collo dell’economia perché l’America soffocasse. Tra intimidazioni, corruzione, solidarietà  assoluta e garantita, come scoprì Terry, il protagonista del film di Kazan disegnato su un caso di cronaca reale, il trattamento economico degli “american camalli” era arrivato ad altezze inimmaginabile per altri lavoratori. I quasi 4.000 che ancora lavorano al “fronte” intascano facilmente 40 mila dollari l’anno, fra stipendio di 30 dollari minimi orari e straordinari, che scattano dopo le cinque del pomeriggio.
Il sindacato risponde che la media è molto più bassa, attorno ai 70 mila annui, ignorando gli extra, e ricorda la fatica ancora tremenda, e i rischi di infortuni e di morte.
La stretta di Cosa Nostra sul “Fronte del Porto” non è più soffocante come era stata negli anni di Anastasia e di Luciano, ma la presenza dei “bravi ragazzi” fra le muraglie di container e le braccia meccaniche per lo scarico dei “40 piedi”, la misura standard dei cassoni, è ancora forte. Parenti, amici, nipoti di famiglie mafiose occupano
posti privilegiati e succulenti, spesso lavorando poco o nulla. Ralph nipote di Vincent “La Bazza” Gigante, padrino del clan dei Genovese, è pagato 404 mila dollari l’anno per un vago incarico di supervisione, che di fatto non esercita mai.
Paul Buglioli, anche lui legato alla famiglia Genovese attraverso il padre, ha incassato 474 mila dollari nel 2011, secondo le cifre diffuse dalla New York Port Authority, per fare il cronometrista dei tempi di lavoro. I dipendenti lo tolleravano perché Paul non si faceva quasi mai vedere e i tempi se li calcolavano da soli. Joe Colonna, già  caporegime per Vincent “La Bazza” Gigante, guadagna 401 mila dollari, per sedere occasionalmente nell’ufficio di rappresentanza presso le autorità  portuali a Manhattan e far notare la propria presenza inquietante. Quelle stesse autorità  che versano 120 milioni di dollari all’anno in sovvenzioni agli scaricatori.
Fondi e finanziamenti che la New York Port Authority, come le agenzie equivalenti da Houston a Boston, passando per Miami, e per tutti i porti atlantici non verseranno più, se questi favolosi salari per “sinecura” non saranno tagliati. Il “Fronte del Porto” è dunque assediato dalla terra, dal cielo e dal mare. Le compagnie, che intendono scaricare sempre più merce anche dall’Asia nei porti dell’Atlantico quando l’allargamento del Canale di Panama sarà  completato, non intendono più sottostare al ricatto di un sindacato allo stremo, che si difende come può.
Le autorità  di vigilanza, sono stanche di fingere di non vedere e non temono più la lunga mano dei Padrini e dei killer di Anastasia. Il traffico di merci per via aerea aumenta ogni anno, con la diminuzione delle tariffe, e soltanto il 39% di tutte le esportazioni italiane negli Usa transita ancora dai moli di New York e Newark. Non avranno dunque, specialmente in momento di fragile ripresa economica e di ansia per l’ottusità  degli ideologi di destra decisi a spingere gli Usa dentro il “burrone fiscale”, la simpatia e la solidarietà  della gente. Eppure furono proprio gli “american camalli” a mobilitarsi e a rimettere in attività  i porti sconvolti dall’uragano Sandy, appena due mesi or sono. Non morirà  nessuno, in esecuzioni sommarie e pestaggi sul Fronte del Porto come 60 anni or sono, e forse questa battagli sarà  vinta, ma la guerra dietro la Grande Muraglia dei container, è perduta.


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