Autoprocesso nella Sala dei mutilati Le divisioni del Pd davanti ai senesi

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SIENA — Esserci, ci sono quasi tutti. Alla seduta di autocoscienza del Pd senese si sta stretti, anche sulle scale. 
Oltre 400 persone di lunedì sera, in una sala che può tenerne al massimo un centinaio, un successo per una assemblea convocata un giorno per l’altro, con una fretta che rivela un certo timore per l’esito delle prossime elezioni amministrative e soprattutto la consapevolezza di essere ormai divenuti una questione di politica nazionale. «E chi se lo aspettava, di vedere il Franco Ceccuzzi in mondovisione» bofonchia un vecchio sindacalista in coda con l’orecchio teso al pianterreno per sentire quel che esce dalle finestre di sopra. 
Ma ieri l’impressione era di un tuffo nel passato, più o meno recente. La Sala dei mutilati, gloriosa istituzione cittadina che spesso è approdo di eventi organizzati alla buona, sembrava una Casa del popolo, come le raccontavano i nonni di una volta. Mancava qualcuno, all’incontro con i cittadini, mancavano i soliti sospetti. Quelli che sono stati già  designati come i colpevoli politici: i cattolici del Pd, gli ex della Margherita, difficile rendere l’idea della smorfia di disprezzo collettiva che in sala accompagnava l’evocazione dell’incolpevole fiore. «Perché Mussari avrà  le sue colpe» ha detto un militante giunto apposta dalla Maremma profonda. «Ma il grande nemico si chiama Monaci», nel senso di Alberto, presidente del consiglio regionale toscano, democratico ex democristiano di lunghissimo corso nonché fratello di Alfredo, candidato nella lista di Mario Monti. «E Franco», questa volta nel senso di Ceccuzzi, sindaco uscente e ricandidato, officiante dal palco, «ha il merito di aver tenuto testa a questa banda che sosteneva Mussari e gli altri». Ovazione.
Senza alcuna ironia, perché i drammi veri meritano rispetto: ma la vita politica cittadina in questi giorni riserva notevoli sorprese, a partire da una presa d’atto. Il Partito democratico, a Siena, non è mai nato. L’amalgama tra le due componenti, ex Ds ed ex Margherita, ex comunisti ed ex democristiani, non è dei più riusciti. Si odiano, a farla breve. E non da ieri. Figurarsi adesso, che c’è da rimpallarsi le colpe sulle vicenda Mps, roba da influire sulle sorti del partito nazionale. 
«Noi stiamo facendo autocritica» ha detto Ceccuzzi, che in questi giorni ha ricevuto una patente di purezza per aver sponsorizzato la sostituzione al vertice di Mps di Mussari, del quale è stato testimone di nozze e «migliore amico» per oltre vent’anni. «Ma speriamo che si faccia avanti anche qualcun altro. Nel Pd mancano tanti protagonisti all’appello…». 
I nomi sono indicati sull’opuscolo distribuito all’ingresso, venti domande e venti risposte del candidato sindaco su Mps. Sono quelli dei consiglieri comunali della maggioranza «che votarono contro la mia richiesta di discontinuità » e pochi mesi dopo fecero cadere la giunta dall’interno. Alcuni di loro, sospesi ma non espulsi dal Pd, sono nelle liste civiche che sostengono l’avversario di Ceccuzzi alle prossime amministrative. Anatema: «Personaggi contrari al cambiamento, che dovrebbero chiedere scusa alla città ». 
Alla fine questo disprezzo così evidente nella sala gremita si tramuta in una doppia debolezza. L’intento della serata non era solo quello di fornire spiegazioni alla cittadinanza. Anche la voglia di tirarsi un po’ su ha giocato la sua parte. Anche per questo la quota di truppe cammellate convocate per l’occasione era notevole. Nonostante una folla amica, non tutto è filato liscio, qualche dissidente ha mostrato segni di insofferenza piuttosto marcata. 
«Io il Ceccuzzi non lo voglio sentire» è stata l’esclamazione di un distinto signore che se n’è andato mentre il «suo» candidato prendeva la parola per l’introduzione. Si è comunque perso una auto critica già  sentita, che ha riservato la novità  di un attacco ai sindacati della banca. Anch’essi, secondo Ceccuzzi, grandi sostenitori del pagamento cash di Antonveneta invece di un più ragionevole concambio che avrebbe diminuito la quota di azioni «senesi» in Fondazione. «C’era l’egemonia di questa posizione autoreferenziale che alla fine ha danneggiato sia la città  che la forza lavoro del Monte». 
Le domande dei cittadini non prevedono risposta. Sono esortazioni, inviti ad agire, ma non si sa come. C’è un’aria di smarrimento evidente, sul palco e in sala. Tutti si conoscono e si chiamano per nome. Ma in questi giorni c’è sempre qualcuno che canta fuori del coro, che del mea culpa non ne ha mai abbastanza. «In buona o cattiva fede, il Pd ha un conflitto di interessi naturale che non ha ancora risolto. Le nomine in Fondazione e in Banca le fate voi. Non può essere normale che ogni sindaco o assessore uscente sia poi diventato capoufficio di qualche divisione Montepaschi». Eugenio Nocito, bancario in pensione fa il pieno di applausi. Sul palco, Ceccuzzi muove la bocca. Non si capisce se è un sorriso o una smorfia. Per essere una partita che si giocava in casa, poteva andare meglio. 
Marco Imarisio


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