«L’80% degli elettori vuole facce pulite»

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ROMA — Liste pulite: le ha varate il Pd con le primarie (il cui esito è stato in parte corretto dalla commissione di garanzia interna guidata da Luigi Berlinguer); le ha imposte Mario Monti affidando la mannaia al commissario Enrico Bondi (e ci è andato di mezzo anche l’incolpevole Enzo Carra); e, alla fine, le ha adottate anche Silvio Berlusconi convinto dai suoi consiglieri (e sembra anche dai sondaggi) che non c’era un’altra strada da percorrere. «In realtà  i sondaggi non c’entrano niente nella composizione delle liste — ha detto a Omnibus su La7 Alessandra Ghisleri, sondaggista di Euromedia Research molto ascoltata dal Cavaliere — anche se è vero che chiunque faccia rilevazioni sa una cosa. E cioè che l’80% degli intervistati chiede che i suoi rappresentanti politici siano persone per bene, sappiano rappresentare gli interessi degli elettori, abbiano quindi un contatto diretto con la realtà ».
Ma quanto vale in termini percentuali nell’urna l’assenza di candidati discussi, inquisiti e imputati nelle liste? Sui tavoli di Palazzo Grazioli negli ultimi giorni sono circolate alcune cifre che indicavano uno scarto del 2% dei voti in più per la lista del Pdl ripulita dai nomi di Dell’Utri, Cosentino, Papa, Scajola. Oggi però, quando quella decisione sofferta è stata presa, nessuno vuole confermare quella previsione. Tantomeno lo fa Ghisleri che addirittura non riconosce come sua quella stima.
La controprova, tuttavia, arriverà  con il prossimo report consegnato sulla scrivania di Berlusconi. Si vedrà , dunque, se le liste pulite riusciranno a muovere verso l’alto il dato del Pdl accreditato la settimana scorsa tra il 19 e il 22 per cento: «Certo la candidature porteranno delle novità », ha osservato Ghisleri rispondendo a una domanda della conduttrice di Omnibus, Alessandra Sardoni. E sarà  da aggiornare anche il dato della Lega (5-7%) che comunque già  è stato influenzato dalle recenti vicende giudiziarie sulle quote latte culminate con le perquisizioni nelle sedi del Carroccio.
Tra i sondaggisti, solo Nicola Piepoli ritiene che la cacciata degli impresentabili dalle liste «non varrà  molto in termini di voti».
Certo, insiste Piepoli, «a Berlusconi questa mossa porta un beneficio in termini di immagine che certo non guasta». Per Renato Mannheimer uno scarto dell’1-2% «può starci tutto» grazie all’adozione di liste pulite anche in casa Pdl.
Eppure il metodo della rilevazione delle opinioni — soprattutto in materia di candidati presentabili — prevede anche tempi più lunghi. Marco Bocconi — ex Metacomunicazioni ora battitore libero — dice che una rilevazione seria si può fare solo ora che si conosce, con le candidature, l’intera offerta politica dei partiti: «Stavamo aspettando di conoscere le scelte di Berlusconi sul tipo di ceto politico da inserire nelle liste».
Concorda Roberto Weber della Swg di Trieste: «La dinamica multifattoriale che ha determinato, fin qui, il crollo del Pdl rispetto ai dati delle politiche del 2008 passa anche attraverso l’erosione dovuta a un ceto politico impresentabile. Per esempio in Friuli Venezia Giulia — contrariamente a Lazio, Campania e Lombardia — i politici del Pdl non hanno fatto grandi danni da un punto di vista dell’immagine legata alla loro integrità  e, dunque, hanno rallentato quell’erosione di voti». Bocconi però aggiunge che l’elettorato di centrodestra è «certamente presidenzialista»: vale a dire che «guarda soprattutto al leader senza curasi troppo dei dettagli». In ogni caso sarà  interessante verificare in che misura, nel prosieguo della campagna elettorale, «Berlusconi insisterà  sul concetto di liste pulite» in casa del Pdl. Una riposta che invece i sondaggisti non riescono a mettere a fuoco è la perdita netta di voti subita da partiti che, cancellando dalle liste i candidati non immacolati, accettano il rischio di rinunciare a consistenti pacchetti di voti organizzati e clientelari. Questo calcolo si potrà  fare solo dopo il voto, analizzando i risultati nelle singole circoscrizioni.


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