Silvio euforico dopo Santoro “Se vinco mi spetta il Colle”

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Ormai ci ha preso gusto. E quella che poteva sembrare niente più che una provocazione impossibile, dopo il successo a Servizio Pubblico è diventata una tentazione: il Quirinale. Vero sogno proibito di Silvio Berlusconi. Venerdì mattina, ricevendo a Palazzo Grazioli alcuni boss del Pdl venuti a congratularsi per la “sfida” con Santoro, il Cavaliere si è lasciato andare a una battuta rivelatrice.
«Nessuno di voi credeva che sarebbe stato possibile vincere. Ma, se ce la faccio, stavolta voi mi fate fare un giro al Quirinale eh?». I presenti si sono guardati in faccia e, terminato l’incontro, hanno tutti convenuto che Berlusconi non stesse affatto scherzando. «Era uno dei suoi soliti test – osserva uno dei testimoni della “rivelazione” – per vedere l’effetto che fa».
Del resto Alessandra Ghisleri, con i suoi sondaggi, gliel’ha confermato: al Senato ci sono tre, forse anche quattro, regioni contendibili. E tra queste la Lombardia, con il suo bottino di 27 senatori per il vincente, il Veneto, la Sicilia (dove il Pdl si presenta alleato con Miccichè e Lombardo), magari la Campania. Se al Pdl riuscisse il colpo di vincere in tutte e quattro, Palazzo Madama sarebbe espugnato. E al Pd non basterebbe a quel punto nemmeno l’alleanza con i centristi per riuscire a governare senza l’ansia di restare appeso al voto di un Turigliatto qualsiasi.
«A Bersani conviene fare un accordo con noi – ha osservato di recente il leader del Pdl in una riunione riservata – piuttosto che consegnarsi ai ricatti di Monti e Casini. Con il rischio che Monti gli soffi il posto a palazzo Chigi». Nella testa del Cavaliere l’accordo post-elettorale tra «i due grandi partiti», questa versione immaginaria di Grande Coalizione, non può che passare per la conquista del Colle più alto. Grazie a un’intesa contro natura con «la sinistra» che sbarri a Monti la strada verso la presidenza della Repubblica. Su questo punto, nelle ultime ore, si è registrata in effetti una curiosa coincidenza di vedute tra Berlusconi e Bersani. Il primo ha detto che «assolutamente» Monti ormai non potrebbe essere eletto capo dello Stato, avendo perso la sua caratura bipartisan. Un’ipotesi, quella di Monti al Colle, «meno probabile» anche per il segretario del Pd.
A Berlusconi quello che interessa, spiega uno dei suoi collaboratori, «è stabilire la fine di questo strano apartheid per cui uno della nostra area non sarebbe degno del Quirinale». Intervistato dall’Adnkronos, due giorni fa, il Cavaliere è rimasto abbottonato sull’argomento, lasciando intendere di pensare ancora a Gianni Letta. «Ho dentro di me un mio candidato, come si dice “in pectore”, che brucerei se ne facessi il nome. Credo che ci sia la speranza di non avere un quarto presidente consecutivo di sinistra». Questa dei presidenti della Repubblica di sinistra è una vera ossessione per Berlusconi, fin dai tempi di Oscar Luigi Scalfaro (insultato ancora giovedì sera durante la puntata con Santoro). Si è persuaso che solo dal Quirinale sia possibile governare davvero l’Italia, «non avendo il presidente del Consiglio altro potere che quello di fissare l’ordine del giorno delle riunioni del governo». E forse non è un caso che abbia preso di recente a paragonarsi a Luigi Einaudi.
Ma soprattutto ha constatato quanto sia impenetrabile il Quirinale anche per la magistratura più ostinata. È la questione dell’improcedibilità  del capo dello Stato per i reati non riferibili all’esercizio del suo mandato. Una questione dibattuta a lungo dai costituzionalisti, di recente con il caso Napolitano ma in passato anche per Scalfaro, e mai risolta definitivamente. Ma al Cavaliere, scottato dalla bocciatura costituzionale del Lodo Alfano, non interessano le sottigliezze giuridiche. Sogna uno scudo finale, quello che potrebbe metterlo per sette anni – cioè, politicamente, per sempre – al riparo dalle inchieste della procura milanese. Con tre processi in corso – Ruby, Fassino-Consorte, diritti tv – e poche speranze di cavarsela, il portone del Quirinale sembra l’unico abbastanza robusto per reggere i colpi d’ariete dei pm.


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