Una grana africana per il prossimo governo

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Il come dove quando della missione è da definire ma chi conosce la stanze della Difesa sostiene che, nel giro di una settimana, le cose saranno più chiare a cominciare da dove avranno la loro base operativa i soldati dall’aeronautica militare italiana che dovranno accudire i due C-130 (trasporto truppe e/o merci) e il Kc-767 (aereo da rifornimento in volo) che l’Italia manderà  a breve in soccorso delle forze Ecowas, l’organizzazione regionale dell’Africa occidentale che si sarebbe impegnata a mandare in Mali circa 4mila soldati da Nigeria (1200), Niger, Togo, Sierra Leone, Senegal e altri anche non appartenenti all’organizzazione (il Ciad ad esempio). Gli aerei italiani avrebbero il compito di trasportarli nel teatro operativo ma anche di servire come sostegno logistico dall’Europa, almeno stando al ministro. Dove si appoggeranno a loro volta? Di Paola ha prefigurato la possibilità  che la base operativa possa anche essere a Bamako ma non è escluso, sostengono altre fonti, che si utilizzi un Paese confinante, il Niger ad esempio, dov’è attiva la missione Eucap Shael nella quale sono già  impegnati militari italiani che “presterebbero” i primi 15-24 istruttori già  promessi dall’Italia per la formazione dell’esercito maliano. Ma una base significa anche uomini che la gestiscono, assistenza tecnica, manutenzione, servizi di polizia militare.
Un calcolo approssimativo è che servirebbero almeno cento uomini (più o meno la stessa quantità  schierata ad Al Bateen, negli Emirati Arabi Uniti, da dove si seguono le operazioni logistiche per e dall’Afghanistan e, prima, in Iraq). Cento soldati che si affiancherebbero a quelli già  schierati nelle varie missioni (Congo, Sudan, Uganda, Libia, Minurso dove però sono attive poche unità , in media 3-5 persone) e a Gibuti dove per adesso ci sono alcune decine di marò, ma il cui numero dovrebbe però salire nei prossimi mesi. Fino a duecento, sostiene una fonte (assai di meno e appoggiati a strutture Nato, secondo notizie ufficiali).
Ma la preoccupazione vera riguarda il futuro. Cosa accadrà  nei mesi successivi ai tre menzionati dal ministro? E, soprattutto, l’iniziativa prefigura un impegno di lungo periodo e l’impiego di altri soldati? Secondo un parlamentare, la scelta temporale non è casuale: intanto andiamo, poi si vedrà . Ci penserà  il prossimo governo a gestire la base di Gibuti pianificata dall’allora ministro della Difesa italiano Ignazio La Russa (da lì sono partiti i due marò arrestati in India) e la nuova collocazione africana per i nostri aerei. Grane rimandate al prossimo esecutivo.


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