Da Cancellieri a Finocchiaro, la corsa in rosa al Quirinale

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ROMA — A farlo non si sbaglia mai. Dire genericamente che si vorrebbe una donna al Quirinale, magari senza farne il nome, è politicamente corretto e in fondo costa poco, tanto i giochi si fanno poi in segreto e nessuno davvero dovrà  rendere conto a nessuno per la scelta.
Ma stavolta, in un Parlamento che si annuncia a composizione anomala e frastagliata (4 o 5 gli schieramenti che approderanno, fra i quali quello agguerrito di Grillo altamente imprevedibile nelle proprie mosse), un’elezione a sorpresa alla presidenza della Repubblica potrebbe non essere affatto, appunto, una sorpresa. Così hanno un peso diverso le dichiarazioni di alcuni leader favorevoli per principio a una donna al Quirinale.
Mario Monti è tra quelli apparentemente più convinti: «Prodi — dice — è una persona che ha tantissimi titoli per poter aspirare a quella carica. Ma mi piace molto l’idea di avere una presidente donna di cui si parla da anni. Nomi? Non ne faccio». «Chi andrà  al Quirinale non lo so — dice Roberto Maroni, leader della Lega —. Mi piacerebbe una donna, per discontinuità . Ho in mente un nome ma non lo dico». E favorevole si dichiara un altro dei leader dello schieramento centrista, Gianfranco Fini: «È mio auspicio che venga eletta una donna al Quirinale, l’ho detto in tempi non sospetti, sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica». Ma anche lui, richiesto di fare un nome, si ritrae: «A scanso di equivoci non ho in mente dei nomi, ci sono delle donne in tutti gli schieramenti che potrebbero rappresentare la più alta magistratura della Repubblica».
Ci sono davvero? Per Silvio Berlusconi è quasi indifferente, perché lui un’idea chiara già  ce l’ha ma, come i colleghi, non vuole svelarla: «Io non ho nulla contro un presidente della Repubblica donna: ho lavorato bene con presidenti donne come la presidente finlandese», è la premessa, prima di aggiungere però che «ho in testa, in pectore, un mio candidato. Ma se dal petto sale alla bocca è bruciato…», anche se chi gli è vicino scommette che è Gianni Letta, non altri, il suo candidato.
Ci sono però alcuni che i nomi li fanno, eccome. Vengono sempre dal centro di Monti due endorsement a due nomi papabili, uno nuovo di zecca, quello del ministro Annamaria Cancellieri, l’altro di una candidata «storica», visto che la sua campagna per il Quirinale ebbe successo popolare reale anche se non fu mai presa sul serio in Parlamento, ovvero Emma Bonino. La prima è sponsorizzata dalla capolista in Lombardia di Scelta Civica Ilaria Borletti Buitoni, che chiede «una convergenza» sulla Cancellieri che «come ministro ha fatto bene, è pacata, sa dimostrare le sue qualità ». L’altra è la candidata ideale di Benedetto Della Vedova, peraltro quotata dai bookmaker a 7, unica donna considerata con reali chance: «Lei sarebbe un eccellente presidente della Repubblica». Ma anche Oscar Giannino ha il suo nome da proporre, un altro ministro del governo Monti: «Il nostro candidato ideale per la presidenza della Repubblica deve essere fuori dai partiti, meglio se donna: per me l’attuale ministro della Giustizia, Paola Severino, sarebbe un’ottima pretendente per il Colle».
Molta più cautela fra i grandi partiti, come Pd e Pdl, quelli cioè che dovranno trovare l’accordo vero sul capo dello Stato. Per Dario Franceschini, capogruppo del Pd «ci sono diverse donne che hanno l’autorevolezza, la storia e le competenze per fare benissimo il presidente della Repubblica», e i nomi di Finocchiaro o Bindi sono fra quelli più gettonati in un eventuale toto-nomine a sorpresa. Ma Daniela Santanché, per il Pdl, frena bruscamente: «Sarei contenta se toccasse a una donna, ma la presidenza della Repubblica non è una quota rosa: tra un capo dello Stato donna e di sinistra e uno uomo ma di centrodestra, scelgo sempre il secondo. Per questi ruoli conta l’equilibrio politico che vai a costruire più che il genere, mentre per molti altri è doveroso aprire alle donne non per carineria ma perché, tanto per cominciare, sono molto più oneste e spesso più capaci».
Paola Di Caro


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