I misteri della Lutifin e i 10 arresti mai eseguiti

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MILANO — Sarebbe potuto emergere prima lo scandalo Mps? «La storia fatta con i se» sta nel libro di Robert Cowley, ma a volte può anche affacciarsi dalle scartoffie di un incarto giudiziario: come quello che solo ora rivela che già  nel marzo 2011, indagando sull’abusivismo finanziario della Lutifin di Lugano (oggi alle ribalta per aver intermediato nel 2007 lo scambio di un derivato da 120 milioni tra Mps e Dresdner), la Procura di Milano — allertata nel marzo 2010 da tre segnalazioni di operazioni sospette dell’Uif di Banca d’Italia — chiese, ma si vide respingere dal giudice, l’arresto per associazione a delinquere di 3 amministratori della galassia Lutifin in Svizzera, Irlanda, Usa, Regno Unito, Cayman e Panama, e di 7 operatori di altrettante banche o Sim, accusati di aver beneficiato nel 2002-2008 di retrocessioni di almeno 6,2 milioni in operazioni a tavolino: costruite in modo che l’interposta Lutifin «ottenesse sul differenziale di scambio un utile prefissato» e, detratto un 20/30% per essersi assunta tutti i rischi penali e fiscali dell’attività  illecita, ne riversasse «il 70/80% agli infedeli operatori finanziari che le avevano propiziate».
Il pm Roberto Pellicano riteneva di avere elementi su manager di Royal Bank of Scotland di Londra, Unicredit Hvb di Milano, Banca Cassa Lombarda, Banca Popolare di Lodi, Bnp Paribas, Banca di Credito Cooperativo di Roma, Campisi&C. Sim e Equita Sim. Ma gli arresti puntavano a entrare dentro la bizzarria di un piccolo e abusivo intermediario (la Lutifin al 95% del residente monegasco Giuseppe Dolicardi e al 5% del direttore Paolo Nalesso) che però risultava aver movimentato volumi addirittura per «34 miliardi di euro in 6 mesi, apparentemente nell’intermediazione di titoli», senza naturalmente avere quelle somme mostruose ma per lo più operando «allo scoperto» su un conto presso Unicredit.
«Sorprendente per la sua estensione» appariva poi agli inquirenti «l’elenco delle controparti», quasi 100 «banche o intermediari finanziari prevalentemente inglesi o italiani per le quali Lutifin aveva operato a sua volta da intermediario»: come le 3.500 occasioni con Ubm/Hvb, 1.141 con Centrobanca, 1.069 con Nuovi Inv Sim Biella, 398 con Banca Popolare Alto Adige, 308 con Bnp Paribas, 182 con Deutsche Bank, 81 con Lehman Brothers e con Bnl, 59 con Banca Imi, 49 con Intesa Bci, 37 con Hsbc, 29 con Jp Morgan, 25 con San Paolo Bank Lux, 22 con Dresdner, 17 con Merrill Lynch, 15 con Citibank, 11 Ubs, 5 con Mediobanca. Rapporti «anomali per quantità  e qualità », a tacere dell’ulteriore anomalia per cui «banche e Sim già  autorizzati in proprio, e per lo più dotati di organizzazioni e conoscenze di mercato certo superiori a Lutifin», avevano avuto «necessità  di utilizzare questo intermediario» piccolo «e peraltro non autorizzato».
A volte «l’interposizione di Lutifin, assolutamente nulla sul piano commerciale», per la Guardia di Finanza si era inserita in giochi molto più grandi. Accanto ad un pezzo di scalata alla Popolare di Lodi nel 2005, a mo’ di «archetipo» il pm segnalava «la vendita e il riacquisto da parte di Mps Londra dello stesso strumento finanziario» (il derivato da 120 milioni) con Dresdner nel 2007, che sembrava «aver perseguito la finalità  di eliminare una passività  in capo a uno dei due enti anche solo momentaneamente (a fini di bilancio o di requisiti patrimoniali), pagando una tangente di 600.000 euro ai dirigenti della Dresdner di Londra che avevano favorito Mps a discapito dell’istituto».
Sulle confidenze di seconda mano di un teste circa l’esistenza di una «banda del 5%» non si poteva fondare granché, e infatti per l’ex direttore finanza Mps Gianluca Baldassarri verrà  poi chiesta l’archiviazione.
Ma intanto, a motivare nel marzo 2011 la richiesta di arresto «soltanto» di quella «minima parte degli operatori che hanno percepito indebite retrocessioni di denaro» documentabili dal pm, era proprio il «secondo tipo di operatività » per assecondare «politiche di bilancio» di banche, «ancor più pericolosa» delle tangenti tra banchieri. Infatti «questi volumi fittizi alterano il corretto andamento del mercato», «creano un’apparenza di liquidità  artefatta in quanto svincolata da vere logiche di scambio», e «possono avere influenza sugli indici globali della Borsa e sui singoli titoli, anche solo attraverso l’aumento dei volumi degli scambi»; il che «coinvolge necessariamente dirigenti delle diverse banche non solo nei servizi finanziari, non di rado in posizione di vertice».
Ma dopo 7 mesi, il 15 ottobre 2011, il gip Fabio Antezza nega gli arresti per «insussistenza delle esigenze cautelari» perché i fatti risalgono a prima dello stop imposto a Lutifin da una perquisizione dai pm di Lugano nel 2009.
A quello di Milano non resta che notificare a 18 indagati il 22 ottobre 2012 il deposito atti che prelude alla richiesta di processo.
Luigi Ferrarella


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