Il governo? «Facciamolo»

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Dopo la minaccia di Casaleggio, quella di Grillo. Se qualche giorno fa l’ammonimento era stato «nessuno pensi di fare come cazzo gli pare», stavolta lo stop del capo è ancora più duro e arriva proprio mentre Vito Crimi e Roberta Lombardi già  designati capogruppo di Senato e Camera alla fine di una giornata d’assemblea a porte rigorosamente serrate degli eletti Cinquestelle, in conferenza stampa chiude a ogni ipotesi di alleanza per garantire un governo al Paese.
Nessun accordo con altri partiti, solo «un governo a 5 stelle, da soli», è questo che «chiederemo a Napolitano», perché «l’unica cosa che conta sono i 20 punti del nostro programma», e non si farà  neanche «nessun accordo sulle presidenze» di Montecitorio e Palazzo Madama, scandiscono Crimi e Lombardi. Cinquestelle soli, duri e puri. È la linea del capo, ribadita a gran forza dopo l’apertura di diversi neoparlamentari grillini all’ipotesi di alleanze, trapelata all’esterno del conciliabolo. Il Movimento è spaccato. E la tensione è tale da spingere Beppe Grillo, alle otto di sera, a tuonare via Twitter: «Qualora ci fosse un voto di fiducia dei gruppi parlamentari del M5S a chi ha distrutto l’Italia, serenamente, mi ritirerò dalla politica».
Sette ore prima, all’Hotel Parco dei Pini, all’Eur nuova location dopo i primi due meeting i neoeletti grillini avevano cominciato ad arrivare alla spicciolata. Poi il grosso era sbarcato da un pullman. Ed era andato in scena il copione consueto: cinquestelle a bocca cucita e atteggiamento circospetto, a passo svelto verso la «zona rossa» dell’albergo a loro riservata, e giornalisti pronti a fare capannello intorno a qualsiasi faccia ancora poco conosciuta, a caccia dei neoparlamentari. In tutto, ieri, un centinaio. Ma poi qualcuno si era fermato coi cronisti.
Sull’alleanza con il Pd e l’ipotesi di un referendum «c’è fermento da giorni», ammette all’ingresso Ivan Catalano, neodeputato 26enne eletto in Lombardia, perché, rivendica lui, «si può fare tutto, non ci sono vincoli» e «un governo va fatto se no non va avanti il Paese. Qualcuno prenderà  la decisione di farlo e lo si farà . Ma c’è tempo per discutere, è inutile fare pressioni, non serve a nulla». È l’ora di pranzo. Su facebook Crimi fa sapere, con quella che chiama «Operazione trasparenza», di essere stato contatto da un esponente del Pd per le presidenze di Camera e Senato. Punto cruciale. Ed è chiaro che il dibattito che anima la rete e attraversa la base, tra chi si schiera per l’appoggio al Pd per dire sì agli otto punti di Bersani, chi ha il terrore di tirarsi addosso l’accusa di «inciucio», il peggiore degli incubi per il Movimento dell’ex comico, e chi sulla scia di Casaleggio grida direttamente «no all’inciucio», ebbene quel dibattito non può non insinuarsi in nell’assemblea. Alcuni parlamentari grillini facenno pressing per un referendum online tra gli attivisti, proprio su questa ipotesi. E questo nonostante l’aut aut già  arrivato da Casaleggio, che ha minacciato: se il Movimento farà  un accordo con qualsivoglia partito, io me ne vado. Ma all’Eur la maggior parte dei colleghi di Catalano nega che si parli di questo. A metà  pomeriggio, è Vito Crimi a spiegare che i temi e le decisioni che si stanno prendendo riguardano tutt’altro. Questioni organizzative e pratiche. A tutti il suggerimento di stare attenti ai documenti da firmare già  oggi per essere registrati alle Camere («non è detto si debba firmare tutto e subito, riguardate le carte»).
Ad alzata di mano hanno votato, raccontano, ed è stato deciso il dietrofront sulla marcia verso il Parlamento. Venerdì 15 non ci sarà  il corteo proposto da Maurizio Battista, per accompagnare senatori e deputati grillini dal Colosseo alle Camere, nel giorno dell’insediamento. Due terzi dei neoeletti hanno votato contro dopo che molti aveva sottolineato il rischio di alimentare gli accostamenti del Movimento al fascismo. Ovviamente, tutta colpa dei giornalisti. «Sono uscite informazioni sbagliate», lamentava ieri Battista. E anche Crimi ha votato contro: «Non deve passare il concetto che ci accompagnano come i bambini al primo giorno di scuola e non dobbiamo dare l’immagine che è una marcia di vittoria perché noi andiamo in Parlamento a lavorare». «Attenti a chi ci accomuna a fascisti e Casa Pound», ammoniscono altri. Mentre poi si passa a parlare della selezione dei portaborse che verrà  fatta online, con l’esame dei curricula, come annunciato su Facebook. Infine, le piattaforme informatiche per la comunicazione fra gli eletti e quella aperta all’esterno, per quel «parlamento digitale» in grado di raccogliere le proposte degli attivisti. Infine gli altri appuntamenti in programma. A partire da mercoledì, con le riunioni alla Camera e al Senato per decidere su come e chi votare per le presidenze delle due assemblee. Ma a fine giornata, sul dibattito vero, Grillo sterza per richamare tutti all’ordine. «Per quanto mi riguarda non ci sarà  alcun referendum interno per chiedere l’appoggio al pdmenoelle o a un governo pseudo tecnico», scrive su Twitter. «I partiti cercano di addossare al M5S la responsabilità  dello sfascio del Paese dopo aver inciuciato per venti anni e sorretto insieme il governo di Rigor Mortis alla luce del sole», scrive sul suo blog, ma lo slogan ricorda minaccioso ai suoi resta «mandiamoli tutti a casa».


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