Tasse record e disoccupazione «In Italia il conto più alto della crisi»

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BRUXELLES — La disoccupazione giovanile in Italia ha toccato a gennaio la quota del 38,7%. Più alta ancora che nel Portogallo (38,6%) o in Bulgaria (28,3%). E inferiore soltanto al dato registrato in Grecia (58,4%) e in Spagna (55,5%). L’Italia ha dunque il terzo posto in Europa, ma in una delle categorie considerate più socialmente rischiose, appunto la disoccupazione dei giovani.
Questo dice l’ultimo rapporto trimestrale sulla situazione del lavoro nella Ue, diffuso ieri dalla Commissione europea. E dice anche molto altro: per esempio che il Prodotto interno lordo italiano, alla fine del 2012, è risultato in calo del 2,7% rispetto al 2011, peggio di quanto abbiano fatto la Spagna (-1,9%) o la Francia (-0,3%). Fra tutti i 27 Stati della comunità , peggio di noi si sono comportati solo Cipro (Pil 2012 a -3,3% rispetto all’anno precedente), o la Slovenia (-2,8%), forse non a caso il prossimo Paese da cui la Ue si attende una richiesta di salvataggio.
Fra gli analisti dei palazzi Ue, queste tabelle confermano uno stato di preoccupazione che si protrae da mesi: nelle statistiche l’Italia — con le sue tasse alle stelle e la produttività  a terra — ha ormai come suoi termini di paragone la Spagna (e andrebbe ancora bene) ma soprattutto la Grecia, Cipro, la Bulgaria, in fondo alle classifiche del benessere. Non più la Francia, o l’Austria, e men che meno la Germania.
Diverse fonti ufficiali confermano ormai questo quadro preoccupante. Per esempio: «Nell’ultimo anno, lo stress o “sofferenza” finanziaria dei cittadini è aumentato in metà  degli Stati Ue, e particolarmente in Bulgaria, Cipro, Grecia. Ma più che in tutti gli altri Paesi, in Italia, con un incremento annuale di oltre 15 punti percentuali» (ancora dal rapporto sul lavoro della Commissione europea). O ancora: «La pressione fiscale italiana è al 44,4%», in crescita rispetto al 44% del 2012 e al 43,6% del 2011, nota il Def, il «Documento economico e finanziario» stilato dal governo. Peraltro, il Def ricorda anche che la spesa per interessi diminuisce di 5,3 miliardi grazie al calo dello spread.
La recessione morde ovunque, e la ripresa — prevista prima per la fine del 2013, poi per il 2014 — sembra prendere i contorni sfumati di un miraggio (ma ci sarà  comunque, assicurano gli analisti di Bruxelles).
Lazslo Andor, il commissario europeo all’Occupazione, non usa giri di parole: «La crisi sociale in Europa continua a peggiorare e in molti Stati non vi sono segnali tangibili di miglioramento in vista, i più poveri sono i più colpiti». Succede così che perfino in Danimarca, Paese notoriamente benestante, le famiglie dai redditi più bassi abbiano avvertito il peso dello stress finanziario: proprio come in Bulgaria, o appunto in Italia.
Il nostro Paese sta al ventiduesimo posto nella classifica dei salari netti dei paesi Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), è sotto la media di tutta l’area e marcia alle spalle dei maggiori Paesi europei. È al sesto posto per il peso del «cuneo» fiscale nelle buste paga dei suoi cittadini: le tasse gravano in media per il 47,6% sui salariati italiani, ma la media delle 34 nazioni Ocse si ferma al 35,6%.
Ma viene ancora dal dossier della Commissione europea un ultimo dato che — forse ancor più di quelli sul Pil — dà  un’idea della situazione odierna: col perdurare della crisi, in Germania e in Lussemburgo il 10% delle famiglie a reddito più basso è in condizioni di «sofferenza finanziaria»; in Italia, Grecia, Romania e Slovacchia, questa percentuale sale al 40%.
Luigi Offeddu


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