A Piazza Affari vince chi lascia
MILANO. Calano le buste paga, decolla la moda dell’auto-riduzione di stipendio, ma a Piazza Affari — l’unico posto al mondo dove spesso è più conveniente perdere il lavoro che trovarlo — continua il momento d’oro dei furbetti della buonuscita. E anche il 2012, malgrado la crisi, non tradisce le attese sul fronte degli addii d’oro.
Il manager più pagato della Borsa di Milano è stato Giovanni Perissinotto, ex ad delle Generali, costretto a lasciare Trieste dopo un “golpe” dei soci. Un divorzio traumatico ma addolcito da un ultimo assegno da 10 milioni. A sfregarsi le mani, malgrado tutti i guai che sta passando, è anche Pietro Franco Tali, ex numero uno della Saipem. La procura l’ha indagato per le presunte tangenti estere del gruppo e lui ha dato le dimissioni. Portandosi però dietro come ricordo un bonus da 2,2 milioni e 3,8 milioni di liquidazione.
Niente di nuovo sotto il sole. L’azionista di riferimento della Saipem è lo Stato attraverso l’Eni. E il numero uno del cane a sei zampe Paolo Scaroni — che qualche anno fa si era messo in tasca 9 milioni lasciando l’Enel — ha visto la sua busta paga salire nel 2012 dell’8% a 6,5 milioni. Troppo? Dipende, visto che il Tesoro è stato costretto pochi mesi prima a gratificare Pierfrancesco Guarguaglini con una buonuscita da 4 milioni malgrado le condizioni in cui il supermanager ha lasciato Finmeccanica.
Il 2012 ha sorriso anche a Marco Morelli di Intesa Sanpaolo — uscito in punta di piedi da Ca’ de Sass con allegata liquidazione da 2,5 milioni — e a Piergiorgio
Peluso che si è consolato dell’anno passato come direttore generale nel ginepraio di Fonsai con uno stipendio monstre da 5 milioni. Un deja vu visto che l’anno prima Fausto Marchionni, il supermanager dell’era Ligresti, aveva sbattuto la porta con in tasca 10 milioni d’addio.
In passato però c’è chi ha fatto molto, molto meglio. Il fuoriclasse indiscusso nel campo è Cesare Romiti, uscito dopo tanti anni di lavoro dalla Fiat con 50,1 milioni di premio finale. Buon sangue non mente. Suo figlio Maurizio ha abbandonato Hdp (oggi Rcs) portandosi dietro come argent de poche 18,7 milioni tra liquidazione e bonus di non concorrenza. Non è stato l’unico a mungere le casse di via Solferino visto che in pochi anni l’editore del Corriere della Sera ha pagato 30 milioni per chiudere il rapporto con i suoi dirigenti. O anche per aprirlo, come capitato ad Antonello Perricone, sbarcato in azienda con un’originale buonentrata da 1 milione.
L’unico a insidiare da vicino il record di Romiti è stato Cesare Geronzi. Il banchiere romano ha incassato 20 milioni quando, dopo anni di onorato servizio, ha lasciato la Banca di Roma. Un’esperienza che ha messo a frutto anche alle Generali: quando gli azionisti (un vizio) hanno deciso di dargli il benservito, lui ha puntato i piedi. E per convincerlo a mollare la poltrona sono stati costretti a garantirgli uno scivolo da oltre 16 milioni, qualcosa come 48mila euro per ognuno dei 347 giorni passati al timone del Leone.
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