Ora il segretario lavora a una rosa di tre nomi C’è anche Amato

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ROMA — «Berlusconi ha semplicemente cercato di alzare il suo potere negoziale con la minaccia elettorale. Ma non ci spaventa. Noi, comunque, andiamo avanti nella ricerca di un candidato condiviso»: Pier Luigi Bersani non intende venir meno alla parola data.
Finché gli sarà  possibile tenterà  di trovare un presidente che «rappresenti un segnale di unità », perché mai come in questa fase, con un Paese lacerato, fiaccato e diviso, c’è bisogno di una figura del genere, non di «un capo dello Stato di rottura». E il titolo dell’Unità  di ieri sotto questo profilo era indicativo: «Al primo scrutinio». Sarebbe questa l’aspirazione del segretario del Pd che domani dovrebbe incontrare Silvio Berlusconi. Proprio in vista di questo appuntamento, nonostante le polemiche a distanza, la diplomazia sotterranea ha continuato a tessere la tela per il Quirinale. Bersani sta lavorando su una rosa con tre petali: Giuliano Amato, Franco Marini e Romano Prodi. Non più un nome secco, perché da parte del Pdl c’è stata una levata di scudi di fronte a questa ipotesi. Dovrebbe essere invece caduto il nome di Anna Finocchiaro anche se la scelta non è ancora definitiva, per cui l’ex capogruppo potrebbe essere inserita in un secondo tempo. Comunque si tratterebbe di un fatto formale perché Berlusconi ha già  fatto sapere che il centrodestra potrebbe dare il suo assenso a Finocchiaro solo nel caso in cui si desse vita a un governo con dei ministri del Pdl, prospettiva, questa, di cui Bersani non vuole nemmeno sentir parlare.
L’opinione di Berlusconi su Prodi è nota, ma il segretario del Pd punta a inserire lo stesso quel nome per due motivi: primo, per non attirarsi le critiche dei prodiani del suo partito, secondo perché in caso di rottura con il centrodestra l’ex premier potrebbe diventare il candidato di Pd e Sel al Colle. Di Amato e Marini, invece, il Cavaliere ha detto: «Mi fido». In realtà  più del primo che del secondo. Ma mentre l’ex sindacalista convince anche la sinistra di Sel e dei «giovani turchi», l’ex sottosegretario di Craxi risulta più indigesto a quell’area e il Pd si troverebbe in difficoltà .
La vera partita, però, Bersani la sta giocando dentro il partito con Matteo Renzi. L’accordo con Berlusconi e il buon rapporto con Vendola sono due armi in più per il segretario. Non è un mistero per nessuno che il sindaco di Firenze faccia il tifo per Prodi, anche se preferisce non pronunciarne il nome per non bruciarlo. Al limite anche Amato gli andrebbe bene, perché, ha spiegato ai suoi, «ha una statura internazionale». Che manca assolutamente sia a Marini che a Finocchiaro, due possibili candidati che Renzi si premura di impallinare. Il primo cittadino del capoluogo toscano ritiene che non possa andare al Quirinale uno «che è stato bocciato dagli elettori» e una «della casta». È la seconda volta che Renzi attacca Marini e ieri sera c’era chi riteneva che anche quel petalo dovesse cadere per non arrivare alla guerra totale.
Perciò Renzi disapprova Bersani su tutta la linea: «Spiace che i suoi destini personali siano talmente più importanti dei problemi della gente». Come a dire: le cose sono andate per le lunghe, mentre il Paese è in difficoltà , perché il segretario aveva in testa solo di fare il suo governo di minoranza. E il sindaco attacca tutta la classe dirigente bersaniana: «Sono degli intrallazzini, almeno D’Alema le cose te le dice in faccia». In privato, con gli amici, il sindaco di Firenze, sfoga tutta l’amarezza per gli attacchi subiti l’altro ieri dal leader: «Mi ha trattato come se non fossi uno del Pd. Io ho detto quello che avevano detto in molti, anche del partito, e lui ha aggredito solo me. Vorrebbero costringermi ad andare via, questa è la verità , usano contro di me dei metodi comunisti. Ma io col cavolo che gli faccio il piacere di uscire dal partito».
No, non ci pensa proprio ad andare via, Renzi. Anzi affila le armi per nuove battaglie. Inonderà  le televisioni nei prossimi giorni e tenterà  di riuscire a portare Prodi al Quirinale: «Perché i veti su di lui — ha spiegato il sindaco ai “suoi” parlamentari — sono inammissibili». Per questo da oggi l’offensiva per la candidatura dell’ex premier dell’Ulivo e quella contro il governo di minoranza si intensificheranno. Bersani sa quello che si sta muovendo attorno a Prodi e avverte i fedelissimi: «Vogliono usare Romano come uno strumento della battaglia congressuale, per questo sul Quirinale intendono giocare una partita per conto loro». Ma Renzi è convinto che questa non sia la verità : «Bersani non vuole Prodi al Quirinale perché è troppo autonomo. E invece con uno come Marini è convinto di poter ricevere subito un nuovo incarico».


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