Quelle piazze riempite dagli scandali e le critiche ignorate

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Quanti danni ha fatto, alla politica e al Parlamento, lo spettacolo indecoroso degli ultimi giorni? Il rattoppo istituzionale cucito intorno al nome di Napolitano non cancella immagini impossibili da dimenticare. Tanto più che queste contrastano con anni di permaloso arroccamento  da parte di troppi mestieranti pronti a dirsi spinti dal famoso «spirito di servizio» ma mossi spesso da ambizioni personali, interessi di bottega, odio per il nemico. Anche interno.
Per carità , Camera, Senato, Regioni, Province e Comuni son pieni di persone perbene che fanno politica davvero per passione e spirito di servizio. Ma la permalosa difesa di tutto e tutti ha finito per danneggiare anche loro. Vogliamo ricordare certe ramanzine distribuite a chi, proprio per amore del Parlamento, della politica, della democrazia, denunciava il loro degrado?
Mentre gli scandali a ripetizione venivano via via attribuiti a isolate «mele marce» e mentre lo stesso Capo dello Stato invitava a «stroncare intollerabili fenomeni di abuso del denaro pubblico», abbiamo letto lamenti di ogni genere.
Da destra, Gianfranco Rotondi sosteneva che «alcuni ambienti finanziari e politici lavorano a una Norimberga della politica». Marcello Pera, sotto la cui presidenza il Senato aveva aumentato le spese del 38,8%, strillava contro «la più becera campagna di aggressione al Parlamento che si sia vista dall’epoca dell’Uomo Qualunque». Roberto Cota, oggi indagato con altri 51 consiglieri regionali piemontesi per i rimborsi pazzi, ammoniva: «Usano i venti dell’antipolitica in modo demagogico per annientare il regionalismo». E Alfonso Papa si levò in difesa perfino di Luigi Lusi che aveva scippato alla Margherita una ventina di milioni: «È un capro espiatorio dato in pasto all’antipolitica».
Ma è da sinistra, quella sinistra che l’altra settimana ha dato il peggio di sé, che si sono levate forse le più stizzite reazioni contro chi contestava l’esistenza d’un assioma: più costi della politica, più democrazia. Tesi assurda: se dal 2007 al 2011 i costi del Consiglio regionale del Lazio sono aumentati, con la sinistra e con la destra, del 43% e le consulenze del 493% vuol dire che c’è più democrazia ora di sei anni fa? Mah… Eppure, una bacchettata dietro l’altra. Con l’asfissiante sottolineatura, a dispetto delle opinioni degli elettori di sinistra durissimi nelle urne contro alcuni protagonisti dello spreco sinistrorso, che ogni indignazione sfocia nell’antipolitica e l’antipolitica «è sempre di destra».
Tra le tante dichiarazioni tese a liquidare le denunce come farina del diavolo, val la pena di ricordare almeno la più temeraria. Di Massimo D’Alema. Che dopo aver sbuffato che «i costi della politica sono un’invenzione di giornalisti sfaccendati», si avventurò a dire (ci scusino i lettori per la citazione non voluta) che la parola Casta «compare nel dibattito pubblico italiano per la prima volta in un documento delle Brigate Rosse e ha mantenuto quella impronta; ogniqualvolta la si usa, bisognerebbe pagare una royalty agli ideatori, e lo si fa culturalmente». Un parallelo, per dirla in dalemiese, tra una battaglia di giornalismo civico e una stagione in cui i brigatisti assassini sparavano alla nuca di docenti, dirigenti, capireparto, giornalisti, operai… E concluse: «Nei Paesi evoluti non si protesta contro la Casta, ma contro Wall Street».
Questo è vero. Ma perché accada lo lasciamo dire a Napolitano: «I tanti fenomeni di degrado del costume e di scivolamento nell’illegalità , insieme ad annose inefficienze istituzionali ed amministrative, provocano un fuorviante rifiuto della politica». Un giudizio che certo non sarà  cambiato dopo il sordido show offerto dall’Anonima Sicari annidata nel Pd che in Parlamento ha accoppato prima Franco Marini e poi Romano Prodi e con loro Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi.
Pochi numeri, del resto, spiegano più di un saggio monumentale: dal 2001 al 2012, stando ai dati del Fmi, gli italiani hanno visto crollare il loro Pil pro capite (mentre cresceva e talora molto quello di tutti gli altri europei, tranne i portoghesi) del 6,5%. Un tracollo che ha fatto precipitare milioni di famiglie sotto la soglia della povertà . Negli stessi anni, mentre la vendita di autovetture sprofondava ai livelli del 1979, le spese correnti della Camera (e meno male che da un paio di anni hanno preso a rallentare) crescevano oltre l’inflazione del 9,5% e quelle del Senato del 21,6%. Per non dire, come abbiamo visto, dei consigli regionali…
Vogliono combattere la demagogia, il qualunquismo, l’antipolitica e riconquistare la fiducia dei cittadini? È una battaglia giusta. E la ricetta è (tremendamente) semplice: cambiare, cambiare, cambiare.
Sergio Rizzo
Gian Antonio Stella


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