Tanti elogi e (poca) freddezza La rabbia dei Cinquestelle

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ROMA — Il più entusiasta è Silvio Berlusconi, che non lesina parole di apprezzamento nei confronti di Giorgio Napolitano, come se fosse il «suo presidente». E a rivelarlo è una battuta che consegna ai cronisti, ricordando un episodio del 1994: «Napolitano ha il vizio di non essere comunista. Quando fui a capo del governo lui fece un intervento. Allora mi alzai dai banchi del governo e salii i gradini dove c’erano i deputati del Pds per andare a stringergli la mano». E oggi, rivela, «ho pregato le mie parlamentari di cambiare l’inno del Pdl: “meno male che Giorgio c’è”». Berlusconi fa un ampio ricorso ai superlativi: «È il discorso più straordinario che abbia ascoltato in vent’anni di vita politica». Non solo. «In questo momento — insiste — è il miglior presidente che potessimo avere». Altrettanto caloroso (ma meno enfatico) il leader leghista, Roberto Maroni. «Bene Napolitano — scrive su Twitter — governo subito o tutti a casa. Il presidente esprime l’orgoglio della politica e il coraggio di decisioni difficili». Positivo, ma assai meno soddisfatto se paragonato a quello del Cavaliere e del governatore leghista, il commento di Pier Luigi Bersani: «Ottimo. Ha detto quello che doveva dire con un discorso eccezionale». Anche il leader di Scelta civica, Mario Monti, sceglie il registro icastico. «Gli sono grato — afferma — devo dire che tutto il discorso inchioda tutte le forze politiche, nessuna esclusa, davanti le loro responsabilità ». 
Assai critici i due capigruppo del M5S, Vito Crimi e Roberta Lombardi, che accusano Napolitano «di avere fatto un intervento politico in barba al ruolo di garanzia che un capo dello Stato dovrebbe mantenere». I loro rilievi riguardano in particolare il passaggio nel quale il presidente richiama al corretto funzionamento del Parlamento, in presenza di un esecutivo. «Non accettiamo lezioni — affermano gli stellati —. Napolitano dimentica quanto da lui detto precedentemente a proposito della necessità  della presenza di un esecutivo per dare vita alle commissioni. Istanza che noi portiamo avanti inascoltati sin dai primi giorni della legislatura». Ma osservando il loro comportamento in Aula, Berlusconi li incenerisce con un giudizio aspro: «Sono degli analfabeti della politica e della democrazia, un branco di burattini allo sbaraglio guidati da uno squilibrato di nome Grillo».
Il messaggio rivolto da Napolitano tuttavia è un invito esplicito ai partiti a darsi daffare. Lo coglie Pier Ferdinando Casini, il quale suggerisce che si eviti il «trionfalismo» e ci si concentri sul senso profondo delle parole del capo dello Stato: «Serve un governo rapido e più che gli applausi serve constatare quali forze politiche sapranno essere coerenti». In sintesi, scandisce il leader centrista, «Napolitano dice ai partiti: non abbiate paura di contaminarvi con la diversità  politica, perché se non c’è una maggioranza per governare bisogna fare un governo di coalizione». 
Ecco il tema dell’incontro tra culture e storie diverse («concorrenti», le definisce il capo dello Stato) costituisce la parte più rilevante dell’articolato commento del Cavaliere e la premessa su cui costruire un esecutivo di larghe intese. «Spero — obietta Berlusconi — che dopo tutto quello che è successo in questi giorni il Pd possa trovare la concordia necessaria per arrivare compatto al tavolo delle trattative». Quello di Napolitano, aggiunge, «è un discorso completo che ha tracciato una strada per la ricerca delle soluzioni necessarie». In questo contesto, il Cavaliere mette in evidenza «l’invito alle forze politiche a mettere da parte la parola “inciucio”, a buttarla a mare, perché la politica deve essere capace di alleanze e mediazioni quando la realtà  lo impone». Ne consegue, a giudizio dell’ex premier, che «sarebbe da irresponsabili, di fronte alla drammaticità  del Paese non mettere in campo un governo». Un governo, insiste, «politico, forte e con le altre forze politiche, dopo la cattivissima esperienza di questo gabinetto tecnico, in grado di superare le divisioni nell’interesse dell’Italia e capace di prendere decisioni utili per il Paese». Ma allo stesso tempo avverte, «benché abbia sempre dichiarato e sperato che il voto si stia allontanando, Napolitano scioglierà  le Camere e si tornerà  alle urne, se non si riuscirà  a varare un governo». 
Lorenzo Fuccaro


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